Sicurezza, Expo e islam Le promesse di Sala sono appese a un "Sì"

Ecco come i dossier in mano al sindaco potrebbero risentire del voto di domenica

Sicurezza, Expo e islam Le promesse di Sala sono appese a un "Sì"

Non sarà certo l'Apocalisse come ha profetizzato qualcuno su scala europea e internazionale, ma a livello locale, oltre che nazionale, gli equilibri politici salteranno. Il 5 dicembre, sia che la spunti il «Sì», sia che la spunti il «No», qualcosa nel governo della città cambierà. Lo ha detto, dal suo punto di vista, domenica lo stesso Beppe Sala: «Se vincesse il No sarebbe tutto più difficile».

Prima di tutto perché il famoso «modello Milano» sventolato dalla sinistra potrebbe vacillare. Il capoluogo lombardo è quell'esempio di coalizione a cui il premier aspira qualora si decidesse di cambiare l'Italicum e il relativo premio ora riservato al partito con più voti: sindaco renziano sostenuto da una maggioranza dem insieme ad una minoranza di critici dialoganti (alla Majorino, per intenderci) e da una sinistra formata da quel che resta degli Arancioni. Questa compagine terrà anche dopo il voto sul referendum? In linea di massima forse: SinistraXMilano, che vota No, da sola non va da nessuna parte, nemmeno in caso di sconfitta clamorosa del Sì. È sui singoli dossier in mano al sindaco, però, che la situazione diventerebbe critica: sicurezza, immigrazione, islam, moschea, dopo Expo. Non va dimenticato, infatti, che Beppe Sala è il coordinatore dei sindaci per il Sì e la sua presa di posizione, da alcuni considerata fuori luogo, in caso di sconfitta renziana potrebbe pesare sulla sua futura libertà di movimento. Un'autonomia che il sindaco, fino ad ora, ha difeso: ha ottenuto più militari per la città, ha incassato da Alfano la promessa di bloccare i flussi migratori, ha rimandato di un paio d'anni abbondanti la costruzione della moschea, si è detto favorevole all'Ambrogino per Letizia Moratti e ha persino rimesso il Presepe a Palazzo Marino. Il tutto nonostante i mugugni della sinistra orfana di Pisapia.

Se però, come da sondaggi, domenica prossima ad uscire dalle urne fosse il No, i brontolii sfocerebbero in ostruzionismo e Sala avrebbe una bella gatta da pelare. Le linee di indirizzo sugli scali ferroviari sono già state approvate con la sola astensione di Basilio Rizzo e dei grillini, ma i temi caldi sono tanti: a quelli sopra elencati si aggiungono il caso Leoncavallo, la riorganizzazione della macchina comunale con annesse proteste sindacali e alcuni punti del programma di cui ancora si è parlato poco. Uno su tutti, il fisco: Mr Expo eredita dalla coppia Pisapia-Balzani uno dei comuni più tartassati d'Italia. Con 143 euro pro capite di addizionale Irpef è seconda solo a Roma. Uno degli slogan confezionati in campagna elettorale da Beppe Sala era proprio quel «minor prelievo fiscale» che insieme a «nuovi investimenti privati» dovrebbe dare ossigeno ai cittadini senza mandare in rosso i conti del Comune. Non proprio due cavalli di battaglia della sinistra, così come - altro punto - la vendita delle partecipate.

E poi c'è Roma e ciò che da Palazzo Chigi è stato promesso: i 2,5 miliardi di Patto per Milano e i10 miliardi di Patto per la Lombardia arriveranno anche qualora Renzi si dimettesse? È lecito anche chiedersi se lo stop all'arrivo di immigrati in città sia il frutto di una soluzione strutturale o sia semplicemente una pezza messa da qui ad un mese per tranquillizzare l'elettorato.

Intanto Sala, nei giorni scorsi, ha promesso che al termine

della pausa di Sant'Ambrogio arriveranno sia il piano periferie sia un quadro di ciò che ha intenzione di realizzare da qui a cinque anni. E non è un caso che, prima di esporsi, aspetti di capire cosa accadrà il 4 dicembre.

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