A piazza Tirana e dintorni - dove, in una sorta di naturale osmosi territoriale, il Lorenteggio si fonde nel Giambellino - la Milano luccicante dell'Expo e dei grandi eventi successivi non è mai arrivata. In questa terra di nessuno - tra clandestini con impressionanti sfilze di precedenti alle spalle, case popolari, marciapiedi spazzatura e tanto, troppo spaccio - vige da sempre la legge della giungla, quindi del più forte. Uno status quo contro il quale le forze dell'ordine riescono a malapena, talvolta, a fare breccia, arrestando qualche spacciatore. E che certo non s'attenua quando i motivi di attrito, sempre più frequenti tra questa fiumana di persone, sono assolutamente insignificanti, banali o, come appare nei verbali di polizia e carabinieri «futili».
Per questo non rappresentano esattamente un fulmine a ciel sereno quei due colpi di cacciavite sferrati da un nordafricano clandestino e pluripregiudicato dritti al cuore di Roberto Farouk Samir Halim, un 18enne nato a Milano ma di origine egiziana, morto intorno alla mezzanotte di sabato. I due avevano avuto da dire per il posto dove sedersi. «Alzati da lì, c'ero prima io». «No». E allora ci si ammazza...
Sangue, tanto sangue qui forse non ne scorre da parecchio, ma il posto si presta a certi scenari. Ieri mattina, in strada, i residenti che l'altra notte, numerosissimi, sono scesi per raggiungere l'angolo tra via Inganni e piazza Tirana dove la tragedia si era già consumata e il marocchino 52enne autore dell'omicidio già portato via dai carabinieri della compagnia Porta Monforte, erano tutti d'accordo: la zona è stata dimenticata da chi amministra Milano.
La parte verso i binari della ferrovia ospita insediamenti irregolari di nomadi; in tutta la piazza lo spaccio di droga è aumentato, «agevolato» dalla situazione penosa delle case popolari, tra continue occupazioni abusive e alloggi liberati e vuoti che però non vengono mai assegnati, impedendo una vera riqualificazione, al netto delle promesse istituzionali.
Era la metà di novembre 2016 e una baracca aveva preso fuoco nella notte: le fiamme avevano ustionata una ragazza di 18 anni, romena, che dormiva nella tenda insieme a marito e cognato, gemelli, connazionali, di 22 anni. La giovane aveva ustioni al viso, alla mano e a un piede e se l'era cavata senza gravi conseguenze. Gli altri due erano riusciti a uscire in tempo dal rifugio diventato trappola, con pareti di stoffa infiammabile carbonizzatesi in pochi secondi. Colpa di un braciere, acceso per scaldarsi nella fredda notte.
Secondo incidente in un mese a ridosso dei binari, visto che poco più di un mese prima (il 13 ottobre scorso) un uomo e una donna rom erano stati travolti da un treno a 300 metri dalla stazione San Cristoforo.A novembre, dopo l'incendio, erano rimasti solo i segni di un accampamento andato a fuoco. Ma le mini-baraccopoli sono ancora realtà. Come tante altre qui. Naturalmente tutte negative.
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