La prima a denunciare è stata una ragazza polacca di 19 anni. Ai magistrati ha raccontato di quel militare, comandante della stazione di Parabiago, che avrebbe abusato di lei per due giorni - il 15 e il 16 gennaio scorso - mentre si trovava rinchiusa nella camera di sicurezza in attesa di essere processata per un furto. La ragazza sarebbe stata palpeggiata dal carabiniere. Gatto - oggi 48enne e da tempo ai domiciliari - l'avrebbe poi costretta a subire atti sessuali nei bagni della caserma.
Secondo i pm, era solo la punta dell'iceberg. Perché nel corso delle indagini, testimonianza dopo testimonianza, si era composto un quadro ben più allarmante. Le vittime delle violenze sarebbero state molte di più. Quindici i casi di molestie portate in aula dalla Procura, tredici quelli ritenuti provati dai giudici. Così, ieri, è arrivata la sentenza a carico dell'ex maresciallo Massimo Gatto - ieri presente in aula alla lettura del dipositivo - condannato dai giudici della quinta sezione penale del tribunale a vent'anni di reclusione con le accuse di violenza sessuale e concussione, diponendo anche un risarcimento provvisionale per le vittime compreso tra i 30mila e i 50mila euro, oltre a un risarcimento di 50mila euro al ministero della difesa, che si era costituito parte civile. L'8 novembre scorso, la Procura aveva chiesto una condanna a 21 anni.
Il militare era finito in manette nel giugno del 2011 per sette presunti casi di violenza. L'inchiesta condotta dal pubblico ministero Cristina Roveda aveva poi portato a galla altri episodi, fino a un totale di 15, tutti compresi tra il 2003 e il 2011. Al momento dell'arresto il procuratore aggiunto Pietro Forno - capo del pool di magistrati che si occupano di reati sessuali - aveva rivolto un invito a tutte le persone che avessero subito simili molestie a denunciarle ai carabinieri di Monza o alla stessa Procura. Ma solo dopo che erano uscite le prime notizie sulla stampa, alcune donne si erano presentate spontaneamente per raccontare degli abusi. Altre, invece, sarebbero state individuate dai magistrati attraverso testimonianze incrociate. Nessuna delle vittime - fatta eccezione per la 19enne polacca - aveva però sporto una querela contro il militare, forse per timore di possibili ritorsioni.
«È una decisione che rispettiamo, ma non condividiamo», è il commento fatto dopo la lettura della sentenza dall'avvocato Massimo Schirò, uno dei difensori di Gatto. I legali dell'ex carabiniere fanno sapere di essere pronti a presentare ricorso in appello, una volta lette le motivazioni della sentenza.
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