Le truffe dell'aguzzino della modella

Claudio Rossetto aveva un falso profilo Facebook, una finta agenzia e un padre arrestato per raggiri miliardari

Le truffe dell'aguzzino della modella

Piacente, ben vestito, generoso e con un sacco di lavori interessanti e un'agenzia di moda tutta sua. Per un aspirante modella, stare con un uomo così, è un sogno. Era questa l'identità che si era costruito Claudio Rossetto, il 42enne di Cinisello Balsamo arrestato sabato pomeriggio dai carabinieri di Sesto San Giovanni per sequestro di persona, violenza sessuale e lesioni continuate nel tempo.

Sul suo profilo «facebook» il nome d'arte alla francese, intorno a se ritagli di stoffa da creativo stilista, il cappellino «camoufflage» e decine di modelle in cerca di fortuna. «Claud» (questo il nome d'arte scelto dal presunto stupratore) sembrava davvero un guru della moda. Ma da quanto emerge dagli inquirenti, l'uomo non avrebbe mai lavorato. Avrebbe da parte sufficiente denaro per vivere di rendita, ereditato da suo padre, indagato ed arrestato per truffa numerose volte negli anni '90 (il suo nome compare in un fascicolo relativo all'arresto di tredici persone per spaccio di banconote e titoli di Stato falsi e in un altro fascicolo per truffa, con un patrimonio stimato in decine se non centinaia di miliardi (delle allora lire) investiti in alberghi ed immobili tra Francia, Inghilterra e Argentina). Il manager di modelle, sempre su «facebook», si presenta come presidente della «Viper Model NY», di cui però non si trova traccia. Poi manager per il mercato russo di una società di cosmetici (di cui non si riesce a trovare una sede reale) e di un'azienda svizzera di complementi medicali. «Si, ho conosciuto quest'uomo tempo fa ma non ha mai lavorato per noi – dichiara un dirigente della società – si è presentato qui e ha detto di essere titolare di un'agenzia di modelle russe e che avrebbe voluto vendere i nostri prodotti in Russia, poi non l'ho più visto. Tenetelo in galera, gente così meriterebbe tanti cazzotti”.

Proprio grazie a questo profilo, Rossetto avrebbe contattato D., 22enne svedese appena sbarcata a Milano. Forte delle partecipazioni a Miss Svezia e Miss Universo, la bellissima dagli occhi blu ha raccontato agli inquirenti di aver incontrato «Claud» e poi di averlo seguito nel suo appartamento in seguito ad una promessa di matrimonio. Sarebbe stato proprio quell'appartamento poi a trasformarsi in prigione. Dopo alcune foto di loro due insieme a settembre, nel profilo si vede una ragazza totalmente cambiata, con i capelli cortissimi e bruni. Più tardi dirà ai carabinieri di essere stata costretta dall'uomo a rasarsi a zero. «Mi giurate che non lo rivedrò più in vita mia?» sono le parole dette a mezza voce ai militari dalla ragazza, mentre la portavano via da casa sua.

A svelare l'identità reale di «Claud» è stato un suo conoscente, un fotografo milanese. «Mica si trova con il suo vero nome su facebook, ha il nome d'arte “Claud” – racconta P.M. – così l'ho conosciuto io. Poi mi ha chiesto di seguirlo in alcune serate a Milano dicendomi che se gli piacevano le foto mi avrebbe ingaggiato per un calendario. Ho ritratto lui e la ragazza a settembre, non sembravano intimi. Poi è sparita. Lui si è presentato più volte con due svizzeri, mi pare gli avesse promesso qualcosa tipo un calendario, delle promozioni, credo perché lui diceva di avere un'agenzia di modelle russe con sede in America. Hanno pagato sempre loro le serate, champagne per migliaia di euro». I vicini di casa di Rossetto, a Cinisello Balsamo, si dividono. «Tutte balle, sono le ragazze che lo hanno sempre ingannato – dichiara un'anziana condomina –. Le voleva sposare tutte e due ma poi chissà perché è sfortunato e lo accusano tutte di stupro. E' uno dei giovani più generosi del mondo, ce ne fossero altri così».

Al bar di fronte lo raccontano come «uno che offriva sempre bottiglie, aveva belle macchine – spiega

Vittorio Rossin – lo vedevamo sempre qui in giro con tante belle ragazze. Era già stato dentro, io dico che se invece di uscire prima avesse scontato tutti e sette gli anni di galera, non ci sarebbe stata la seconda vittima».

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