In mille per lanciare le primarie di Bertinotti

Il capo di Rifondazione comunista presenta la sua candidatura alla guida dell’Unione e manda in tilt il traffico con i vigili costretti a chiudere una strada

Roberto Scafuri

da Roma

Sarà parolaio rosso o pifferaio magico, così sostengono i suoi detrattori. Ma il bello di Fausto Bertinotti, il segreto che ne fa il polo d’attrazione della sinistra, sta nel suo «volare alto». Non effetto involontario, ma oggi piuttosto perseguito e riconvertito dal leader rifondatore nel nocciolo duro della sua politica. Anzi, di una politica di sinistra che si proponga come forza di governo senza complessi di «minorità». Da possibile atteggiamento intellettualoide e distante, che ne potrebbe scaturire, esso diventa invece motivo profondo di vicinanza con la gente. Fausto «vola alto» e tocca i sentimenti di un popolo rosso che lo ascolta e lo comprende, anche a prescindere dai narcisismi dialettici e dalla miriade di citazioni colte. Fausto gioca d’astuzia e raffinatezza, gigioneggia, e l’uditorio ne percepisce a pelle l’afflato «alto», l’orizzonte non comune. L’apprezza.
Far toccare con mano l’emozione della ragione, ecco l’alchimia. Bertinotti la propone per le primarie dell’Unione, e non poteva che raffigurarla in una libreria del centro di Roma dal nome appropriato, «Amore e Psiche». Uno scontato incontro con i giornalisti che diventa inconsueta «occupazione» di suolo pubblico da parte di un migliaio di curiosi e passanti, di amici della libreria e simpatizzanti di Fausto. I vigili costretti a chiudere il tratto di strada e le ragazze sedute sul selciato di fronte a una vetrina. Un professore psichiatra, Massimo Fagioli, fa il padrone di casa, e due schermi diffondono per strada le domande del pubblico che ha deciso di fare la sauna assieme al segretario all’interno. In vetrina, argutamente di spalle, Fausto sembra stare addirittura lui dalla parte del pubblico, della gente. Le sue risposte, articolate e intelligenti come le domande, hanno il pregio di sembrare sincere. Sono gli appuntamenti che Bertinotti predilige e alla fine si concederà al discreto abbraccio del popolo: «Visto com’è andata - dice -, forse è meglio chiuderla qui, con le primarie...».
Non è un messaggio politico, ma ancora una volta un nuovo modello di rappresentanza politica, di «popolo contro apparati», di riappropriazione della politica da parte della gente. Così sul sito, faustobertinotti.it, dove chiunque può scrivere al segretario e dove lui risponderà (soprattutto) durante il mese di agosto. Così per l’idea di rinunciare a manifesti e comizi, sostituendoli con dibattiti tipo questo e tanti «post-it» (i fogliettini-memo adesivi) dove campeggia la scritta «Voglio». «Scrivici quello che vuoi» e lascialo in giro, è l’istruzione.
Un modo scandinavo di cominciare la corsa delle primarie di fronte al quale sbiadiscono come perversioni da addetti ai lavori le frasi dell’attualità, tipo: «Il programma non lo decide solo il leader; non ci sono punti irrinunciabili tranne che la pace; del proporzionale discuteremo dopo il voto...». Eccetera.

Intanto, con molto più gusto, il segretario parla della «promessa mancata» del comunismo, dello Zapatero sottovalutato e ribadisce che come nel calcio «si gioca per vincere». O almeno superare la soglia del 12%. Ma Fausto vola alto e spera che l’«erba voglio», quella che non cresce nemmeno nel giardino del re, almeno stavolta contraddica la favola.

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