La trappola degli schermi: così ci rendono zombie

In Smetto quando voglio. Come uscire dalla dipendenza da smartphone (e magari insegnarlo ai figli), Roberto Marchesini racconta gli effetti (deleteri) degli schermi

La trappola degli schermi: così ci rendono zombie
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Avevo iniziato a leggere questo libro in pdf poi, mentre approfondivo gli effetti degli schermi sui nostri corpi (e pure sulla nostra mente), ho deciso di chiudere il file per andare alle Paoline e acquistare una copia cartacea di Smetto quando voglio. Come uscire dalla dipendenza da smartphone (e magari insegnarlo ai figli), l’ultimo libro che Roberto Marchesini ha scritto per i tipi de Il Timone.

Ora, che quello schermo ci abbia rimbambiti è cosa nota. Basta camminare per strada per vedere eserciti di smombies (gli zombie da telefonino) per rendersene conto. Faticano a camminare (anzi: fatichiamo, visto che pure lo scrivente spesso lo fa) con il naso incollato nei pixel, per rispondere in fretta e furia ai messaggi con i quali veniamo inondati su Whatsapp, oppure per compulsare le notifiche che ci arrivano da Instagram o da Facebook (i più giovani, quindi non noi, guardano invece TikTok). Ma così non si vive più. Si sta online, dimenticandosi che la vita vera è quella offline. Siamo a tavola con qualcuno ma intanto parliamo con qualcun altro. E non stiamo davvero con nessuno.

Già perché nell’era dei social siamo sempre più soli. E insicuri. Fragili. Scrive Marchesini, rifacendosi a uno studio intitolato Social Media and Youth Mental Health: “L’uso eccessivo e problematico dei social media, come l’uso compulsivo o incontrollabile, è stato collegato a problemi di sonno, problemi di attenzione e sentimenti di esclusione tra gli adolescenti”. Soprattutto sui più piccoli gli effetti degli schermi sono devastanti: “Impedendo al bambino di relazionarsi direttamente con la realtà, impoveriscono questo suo apprendimento”. È uno dei motivi per cui i bambini faticano a stare insieme e, paradossalmente, preferiscono giocare a distanza, ovviamente attraverso uno schermo. Nessun contatto, quindi. Nessun confronto. Addio pelle, benvenuti pixel. È la tecnologia, si dirà. E non si può fermare. Vero, o forse no. Perché tutto questo ha un costo - personale e sociale - che ha anche a che fare con la nostra libertà. Perché quel telefono, così moderno perché senza fili, ha creato un filo ben più spesso e pericoloso che si chiama dipendenza. Una dipendenza che, forse, non è frutto del caso ma è voluta. “Il nudging è la leva: se ti comporti in un certo modo, sarai premiato.

Ovviamente, lo strumento per controllare che i cittadini si comportino come si deve è digitale e si chiama citizen wallet, portafoglio digitale”. Premia chi si comporta bene e punisce chi non lo fa. Una dittatura col sorriso. A portata di clic.

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