E poi come fai a non arrivare alla solita conclusione, ovvero che i Greci, in fondo, anzi all'inizio, avessero già capito tutto? «Conosci te stesso» era l'invito scolpito nel tempio di Apollo a Delfi, e Socrate, il maestro di tutti i maestri, andava in giro dicendo: il vero sapere è il sapere di non sapere. E così Federico Moccia, maieuticamente memore di questi insegnamenti, a un certo punto, alla soglia dei sessant'anni, ha sentito quel desiderio di conoscenza di sé e ha cercato di trasformarlo in conoscenza vera, consacrata dall'alloro. Insomma, si è laureato in Lettere, coronando un suo sogno, a 59 anni, il che desta ammirazione e anche un pochino di sana tenerezza (non ha finto di avere una laurea, se l'è presa davvero, sfidando possibili ironie) e, secondo l'insegnamento antichissimo, ha fatto di sé l'oggetto della sua tesi: non di sé come persona (e qui forse ha leggermente travisato l'indicazione, ma diciamo che la metafora contempla il tradimento, l'oltrepassamento, eccetera eccetera), bensì come autore. Tutti ricordano il suo bestseller, Tre metri sopra il cielo, da cui è stato tratto anche un film: un successo clamoroso. Ecco quindi il titolo della tesi: «Due visioni comparate dell'amore: Jack London e Federico Moccia, differenze e affinità di stile, visione e ispirazione attraverso il tempo». A questo punto, uno si ricorda Wittgenstein: che altro fare, se non tacere? Però i social non hanno taciuto. Hanno tormentato Moccia, che ha fatto una tesi su di sé, e si è pure paragonato a Jack London, cosa che poi ha negato di aver fatto (all'Adnkronos: «Non mi sono paragonato a Jack London. Ho voluto fare un confronto tra un modo diverso di raccontare l'amore. I due protagonisti, Martin Eden come Stefano Mancini, sono cambiati per amore di una donna. Mi dispiace che molte persone possano criticare senza aver letto la ricerca che ho fatto». E in effetti se ne sente l'esigenza). Purtroppo, non è finita. Nonostante la tesi promettente, e il paragone quantomeno coraggioso, i professori dell'università Marconi di Roma (ateneo telematico riconosciuto dal Miur) hanno attribuito allo studente Moccia un voto di 107 su 110. Lasciamo stare che, nonostante questo, Moccia abbia detto: «La tesi è un invito a tutti a credere in se stessi».
Ma il dubbio sorge spontaneo: quei tre punti sotto la perfezione saranno dovuti alla scarsa conoscenza di London? Al confronto che non è stato apprezzato? O, magari, alla ancora imperfetta conoscenza di sé stesso? Forse neanche il dio Apollo, tre metri sopra il cielo, sarebbe in grado di rispondere. Speriamo che non serva un'altra tesi (non si vuole suggerire in quale corso di laurea), per farlo...
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