Nelle degustazioni di vino tutti i sensi sono allertati, vale la pena di mettersi all’ascolto, perché il vino parla e ci può raccontare una storia.
Trasparenti bicchieri di cristallo che riflettono brillanti colori.
Giallo paglierino, ambra, oro bianco e giallo.
Catenelle di bollicine danzanti dal potere ipnotico.
Cascate ascendenti di minuscoli diamanti che risalgono in superficie sprigionando complessi profumi di fiori e frutta fresca, pane e pasticceria, capaci di risvegliare una memoria olfattiva che rimanda all’infanzia.
E poi l’equilibrio e l’eleganza dei sapori che sostano piacevolmente in bocca e si lasciano mentalmente “masticare” per allungare il piacere gustativo.
Infine, le storie belle che giacciono sul fondo del calice, prima di essere risvegliate e ascolate.
Sì, i vini ci parlano.
E si rivolgono ai nostri sensi tutti insistendo con la vista, l’olfatto, il gusto, arrivando addirittura a bussare al sesto (se si crede di possederlo).
E (scherzi a parte) ci raccontano di storie antiche, di cultura, di territori, di uva, di metodi di vinificazione, di sogni e sconfitte, sfide.
Di sudore e fatica, di mani rugose sporche di terra, di pazienza, di generazioni e menti differenti che, sviluppando una visione personale, danno alla luce un prodotto unico che li rappresenti, dove metterci la faccia, senza perderla.
“Grande è la fortuna di colui che possiede una buona bottiglia, un buon libro ed un buon amico”, scriveva Molière.
Osservare, ascoltare, leggere “tra le righe”, apprendere: lo facciamo con i libri, con gli amici o con uno sconosciuto che abbiamo appena incontrato. E possiamo farlo anche con un vino.
Levando di mezzo ogni pregiudizio o moda, per non
lasciarci abbagliare da ciò che luccica e per cogliere la sostanza.Lo affermava anche Dalì che: “I veri intenditori non bevono vino: degustano segreti” a riprova che il vino parla, anzi, spiffera. Basta affinare l’udito.
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