IL MODELLO WALTER: PIÙ TASSE DI TUTTI

Tra i 10 punti del suo programma che Walter Veltroni presentò il 29 agosto scorso dalle pagine di Repubblica spiccava senza dubbio quello della riduzione di 2 punti della pressione fiscale: concetto sul quale il sindaco di Roma è tornato più volte anche perché il modello politico al quale sembra ispirarsi, e che certamente porrà al centro della sua azione politica di segretario del Partito democratico, è quello del «sindaco d’Italia». Se gli italiani vorranno prestare un po’ di attenzione ai numeri, quando sarà il momento, per giudicare Veltroni, dovranno semplicemente immaginare una trasposizione dei metodi veltroniani al resto d’Italia. Perché i numeri parlano chiaro: con tutto il suo buonismo, Veltroni ha fatto di Roma la città più tartassata d’Italia, e tra le peggio servite se si guarda alle classifiche sulla qualità della vita. La domanda che, se e quando si candiderà a guidare l’Italia, dovrà essergli rivolta, sarà molto semplice: perché non ha abbassato la pressione fiscale a Roma attestandosi sui livelli più bassi, anziché su quelli più alti, per quanto riguarda le addizionali Comunali Irpef e la Tariffa Rifiuti? Predicare bene e razzolare male non è buona cosa.
Questo dato emerge da uno studio condotto dall’Andoc (Associazione nazionale dottori commercialisti) in collaborazione con il Centro Studi Cives che, a distanza di quasi dieci anni dalla sua prima introduzione con Decreto legislativo 28 settembre 1998, ha analizzato l’elevato livello di pressione fiscale esercitato dagli Enti locali, la cui capacità impositiva va ben oltre gli originari principi di «compensazione» e si presenta come uno strumento complementare della politica fiscale nazionale. Con la conseguenza, non secondaria, di «dividere» - in questo caso concretamente - l’Italia in isole più o meno felici (o infelici) dal punto di vista fiscale. Lo studio ha preso in esame la fiscalità «locale» delle 9 principali città italiane, nei confronti dei lavoratori dipendenti, degli autonomi e delle imprese. È stata scorporata l’incidenza dell’Ici, che rappresenta complessivamente il 20% della tassazione locale, in via di modifica per la revisione degli estimi catastali.
L’inchiesta ha preso come punto di riferimento la famiglia media tipo con un reddito annuo di 27mila euro e che vive in un’abitazione di 80 metri quadrati, nonché alcune attività autonome significative e particolarmente diffuse. Ebbene, in tutte le voci di tassazione, Roma risulta tre volte prima (cioè ha le aliquote più elevate), due volte seconda e una sola volta terza. Per il lavoratore dipendente che vive nella Capitale, la cifra che paga sommando Irpef comunale e regionale con la Tassa rifiuti, è di 753 euro; seguono Bologna con 746 e Napoli con 739. Ma il rapporto con la qualità della vita è sconsolante, perché è solo al 51° posto. Tutte città governate dalla sinistra.

Agli ultimi posti, Milano con 561 euro e Firenze con 462 (ma la città toscana ha una Ici molto elevata). Chi pensa di estendere all’Italia il «modello Veltroni» è avvisato. E chi crede al «federalismo fiscale» della sinistra andrà incontro a grosse delusioni.

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