"Sono la signora del circo. E se mi chiamano zingara per me è un complimento"

Moira Orfei: "Ho amato più gli animali degli uomini, non potrei far loro del male". Oggi è una talent scout

"Sono la signora del circo. E se mi chiamano zingara per me è un complimento"

Una donna conturbante. Ma anche una donna con turbante. Il più famoso di tutti: il mitico turbante di Moira Orfei. La Wanda Osiris del circo. «Anche lei lo portava, ma il mio è più bello. Fatto di capelli naturali, lunghi e nerissimi». Dall'alto della sua capigliatura (che le regala almeno un 10 centimetri di statura), Moira guarda il mondo come farebbe un trapezista in volo: sfrecciando da un estremo all'altro. Ottantatré anni stupendamente portati da diva, tra rossetti rosso cardinale e fard color pastello. Un fascino che qualche acciacco di salute non ha scalfito più di tanto.

«Ancora oggi - racconta - il pubblico mi reclama, ogni sera scendo in pista e saluto. Gli applausi scrosciano come un tempo. La gente del circo mi adora. E io adoro la gente del circo». La «gente del circo», per lei, è qualcosa che va al di là del dato fisico: è una categoria dello spirito, un riflesso dell'anima.

Moira, che per mezzo secolo il circo lo ha illuminato col suo magnetismo, ora si è inventata «manager», riaccendendo i fari sul proprio personaggio. Via la frusta con cui ha domato («"domare" è una brutta parola, preferisco il verbo "addestrare"») elefanti, leoni e colombe, ora riappare al computer, offrendo ai suoi tanti fan i gadget della «linea Moira». Una meravigliosa vetrina virtuale, degna del circo più bello del mondo («il mio, ovviamente»). Decine le chicche da collezione. A cominciare dal disco inciso nel 1970 Noi zingari . Ma lo sa, signora Orfei, che la parola zingaro è offensiva? Noi giornalisti non possiamo scriverla. E lei: «Ma che sciocchezza... zingaro è un termine bellissimo di cui vado orgogliosa. Nelle mie vene scorre anche un po' di sangue zingaro e guai a chi me lo tocca».

Moira infatti è nata a Codroipo, in provincia di Udine, il 21 dicembre 1931 da una famiglia di remote origini sinti. Il padre Riccardo Orfei, la madre Violetta Arata, i fratelli Paolo e Mauro, tutti circensi di successo («con una famiglia così, il circo è diventato subito la mia vita. Alle bambole ho sempre preferito gli animali che sono stati i miei più fedeli amici»). Ora, forse per ripagarla dalle bambole sottratte, è stata creata la Bambola Moira, una specie di Barbie vestita e truccata proprio come la regina del circo. Poi c'è la Moira Bag, borsa da passeggio con l'effigie di una giovane Moira insieme a un gatto dallo sguardo maliardo almeno quanto quello della sua padrona; le fiches di Moira; il mouse pad di Moira; le pins di Moira («la spilletta più richiesta è quella con me a cavallo»). Già, i cavalli, altro grande amore di Moira («la verità è che nella mia vita ho amato più gli animali degli uomini...»). E allora perché sui manifesti del circo gli animalisti scrivono con lo spray nero «Assassini»? Moira sbotta: «Gli assassini sono loro, perché uccidono ogni giorno la verità. Invece di dire sciocchezze, vengano qui a vedere come trattiamo gli animali. Loro ci danno da vivere, come potremmo fargli del male? Perfino Papa Wojtyla ha benedetto noi e i nostri amici a quattro zampe»).

Appeso a una parete del suo caravan a «24 stelle» (una stella per ogni metro di lunghezza) Moira mostra orgogliosa l'onorificenza di Ufficiale della Repubblica, conferitagli nel 1986 dal presidente Sandro Pertini («il presidente più grande che abbia mai avuto il nostro Paese. Un personaggio incredibile»). E di personaggi «incredibili» nella sua vita Moira ne ha conosciuti tanti. È stata infatti anche attrice di successo nell'era d'oro del cinema italiano, quello del boom economico. E il boom lo fece anche Moira, un volto (e un fisico) conteso da tv e cinema. Anche quello di qualità («Pietro Germi, durante la registrazione di Signore & signori mi disse che, se avessi studiato recitazione, avrei potuto essere brava come Sophia Loren»).

Lei, Moira, sempre fedele alla sua immagine («Dino De Laurentiis mi raccomandò di non cambiare mai perché solo le donne senza personalità cambiano spesso il look. Infatti siamo sessanta milioni, ma così ci sono solo io»). Un «look» che Moira non tradisce neppure oggi: sempre truccatissima e ingioiellata. Di se stessa dice: «Non sono bella, sono un tipo». Un «tipo» che non si dimentica, che lascia il segno. Anche in uomini abituati a maneggiare «bombe» femminili come fanno gli artificieri con la dinamite. Un nome fra tanti: Totò. «Lo conobbi sul set del film Totò e Cleopatra . Lui mi faceva una corte serrata. Io gli risposi: "Principe, se non fossi sposata, lei sarebbe stato certo l'uomo della mia vita"... La stessa frase che dicevo a tutti i miei spasimanti». Con una sola eccezione: Walter Nones, il più affascinante e coraggioso domatore di tigri e leoni che, alla fine, ha domato anche il cuore felino di Moira. Una storia d'amore d'altri tempi. Due cuori e un tendone. Sotto il quale è cresciuta una famiglia che continua la tradizione circense («tutto merito dei miei due figli Stefano e Lara, per non parlare della mia nipotina Moira junior»).

Un idillio appena incrinato da qualche ombra sull'utilizzo del glorioso marchio «Orfei»: «In troppi abusano del nostro nome per propinare spettacoli circensi di bassa qualità», si rammarica Moira. Che oggi, insieme al marito, dedica gran parte del suo tempo alla caccia di talenti che possano rendere il suo circo ancora più attraente.

E poi c'è il progetto della biografia «moiriana», un libro che - attraverso la storia della sua vita - ripercorra la storia del circo e dell'Italia degli ultimi 50 anni. Di materiale e documenti ce ne sono a bizzeffe nella roulotte di Moira («ma quale roulotte? Questa è una villa su ruote che quando arriviamo a destinazione, grazie a un sistema idraulico, si allarga di 8 metri che sembrano ancora di più grazie a un gioco di specchi. Costa centinaia di migliaia di euro. Solo qualche sceicco arabo ce l'ha così lussuosa»).

In effetti, un libro a sé stante lo meriterebbe proprio questo camper da mille e una notte, arredato come una dépendance di Versailles. Decine di quadri con una sola protagonista: Moira. Diventata anche, chissà perché, un'icona gay («gli omosessuali stravedono per me. Un sentimento che contraccambio di cuore»).

Moira degli elefanti. Ma anche Moira dei topolini. Così come appare in un vecchio manifesto per la pubblicità della Ideal Standard: lei che «impaurita» sale su uno sgabello, mentre a terra, a «minacciarla», c'è un piccolo roditore. Ma figuriamoci se Moira si spaventa di un topolino. Lo sa bene Christian De Sica che - nel ruolo di marito infedele in un vecchio cinepanettone - si becca un bel po' di scudisciate da un'irresistibile Moira in versione ciociara-dominatrix («m'hai fatto le corna? E allora mo' te frusto...»). Ciak, si gira: con Christian in mutande leopardate e Moira in guêpière di lattex a inseguirlo per tutta la stanza («che simpatico Christian... ma io ho avuto anche la fortuna di recitare con quel gran signore di suo padre»). Poi la televisione: al Maurizio Costanzo Show , quando c'era lei come ospite, la puntata non rischiava mai di annoiare. Moira sempre sorridente, mai volgare, uno scrigno di aneddoti («Maurizio Costanzo è tornato a fare il suo show in tv? Bene, gli faccio i migliori auguri»).

Ma il valore aggiunto, in termini artistici, è racchiuso da una piccola foto che rappresenta lo stile di un'epoca. Si tratta dello scatto dal titolo «Gli italiani si voltano», l'autore è il grande fotografo Mario De Biasi.

Un lavoro esposto in permanenza al museo Guggenheim di New York: si vede, ripresa di spalle, una ragazza che in una mattina del 1953 passeggia in piazza Duomo a Milano circondata da una cortina di sguardi maschili, sedotti dalle sue forme procaci.

Serve specificare di chi si tratta?

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