Case senza pavimento e senza vetri alle finestre, fatte di tufo, paglia e fango. Famiglie che tirano a campare e che d’inverno sono costrette a vendere le poche cose che hanno per comprare la legna da mettere nella stufa. Fa effetto vedere una tale povertà a pochi chilometri dal confine con l’Europa. Eppure i villaggi della Moldavia sono così, fatti di niente, popolati da anziani e dimenticati da Dio.
Le donne moldave appena riescono partono per l’Italia sognando di fare le badanti e pagano fino a quattromila euro pur di raggiungere, clandestinamente, il nostro Paese. Gli uomini vanno in Russia a fare i carpentieri o, molto spesso, hanno problemi di alcolismo talmente seri che non sono nemmeno in grado di lavorare.
I bambini crescono da soli (leggi: Viaggio negli orfanotrofi): sono 75mila quelli che hanno almeno un genitore all’estero. In tanti, più di 11mila, vengono rinchiusi negli orfanotrofi e lì rimangono fino all’adolescenza, abbandonati a sé stessi, nelle mani di direttrici vecchia maniera che li tirano su a suon di scapaccioni e in tanti casi non esitano a venderli a chi gestisce i giri della prostituzione minorile in Russia o in Turchia.
A combattere la piaga dell’infanzia abbandonata sono le associazioni non governative prima che le istituzioni (leggi: La storia di Rodika). I volontari cercano un’alternativa all’orfanotrofio e provano, con vari progetti sociali studianti assieme alla chiesa ortodossa moldava, a restituire ai minori sogni e sorrisi.
Gli approfondimenti:
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La storia di Rodika, creciuta in orfanotrofio
(foto di Marco Serazio)
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