La scuola Isis per i bambini: oggi lezione di crocifissione

I ragazzini sono obbligati ad assistere alle esecuzioni. Pistelli (Pd) e i riscatti per gli ostaggi: "C'è caso e caso". SOSTIENI IL REPORTAGE

La scuola Isis per i bambini: oggi lezione di crocifissione

A lezione di crocifissione. Si sapeva che l'indottrinamento dei bambini nelle zone occupate fosse una priorità per i fanatici dello Stato Islamico, ma i dettagli resi noti da una fonte indubitabile, la Commissione Onu di inchiesta sulla Siria, sono davvero rivoltanti. «I bambini - ha detto il presidente della Commissione Paulo Sergio Pinheiro presentando l'ultimo aggiornamento sui crimini commessi nel conflitto siriano al Consiglio Onu sui diritti umani, riunito in sessione a Ginevra - sono invitati ad assistere alle esecuzioni e poi ad aggirarsi tra i cadaveri crocifissi nelle piazze». «Non ho più parole per descrivere la gravità dei crimini commessi in Siria - ha aggiunto Pinheiro -. Mentre il numero delle vittime continua a crescere, le loro storie e le loro sofferenze sembrano sempre più soffocate dalla grandezza della tragedia».

A Mosul intanto - la seconda più grande città irachena, caduta in mano jihadista lo scorso giugno - i miliziani dell'Isis procedono con la forza alla confisca dei beni appartenuti a sciiti e cristiani fuggiti dalla città. «Piccole unità di combattenti Isis si sono fermate in tutti i negozi», ha spiegato il titolare di un negozio. «Ci danno pochissimo tempo per consegnare tutti i loro beni e ci dicono: se non ubbidite, confischeremo tutte le vostre proprietà». Attraverso messaggi letti nelle strade, nelle moschee o nelle pubbliche piazze, militanti dell'Isis hanno anche intimato agli arabi sunniti fuggiti di fare ritorno in città, pena il sequestro delle loro proprietà.

Anche in Italia abbiamo la nostra dose di suspence, legata alla sorte degli ostaggi Vanessa Marzullo e Greta Ramelli (senza dimenticare padre Dell'Oglio di cui da tempo non si hanno notizie certe). Ieri il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli, rispondendo in un'intervista a Radio 24 sulla necessità o meno di scendere a patti con i terroristi tagliagole, ha cercato di sostenere una linea bifronte. «La maggior parte delle volte in cui siamo riusciti» a riportare a casa un ostaggio - ha sostenuto - non c'è stato alcun passaggio di denaro» con i sequestratori: «un'impostazione un po' meccanica - ha aggiunto - perché c'è caso e caso».

La macchina della guerra internazionale contro l'Isis corre intanto sempre più veloce. Ieri notte ci sono stati i primi raid aerei americani su obiettivi jihadisti a poca distanza dalla capitale irachena Bagdad. Un passo importante, ma più significative ancora sembrano essere le dichiarazioni del generale Martin Dempsey, capo dello stato maggiore delle forze armate americane. Durante un'audizione al Senato di Washington insieme con il capo del Pentagono Chuck Hagel, Dempsey ha infatti evitato di escludere un futuro impiego delle truppe di terra in Iraq, e questo nonostante lo slogan «No boots on the ground» sia stato ripetuto infinite volte dal presidente Obama in questi giorni, quasi a esorcizzare un incubo.

«Se vi fosse una minaccia diretta per gli Stati Uniti» o «se ad un certo punto ritenessi necessario affiancare con i nostri soldati le truppe irachene per colpire specifici bersagli Isis, andrei dal presidente per raccomandargli il ricorso anche a truppe da combattimento a terra», ha detto Dempsey incalzato dai senatori.

Gli ha fatto eco Hagel, chiarendo che gli Stati Uniti «colpiranno i santuari dell'Isis in Siria: non si tratterà di raid “colpisci e terrorizza”, perché mireremo a colpire obiettivi jihadisti per ridurre le capacità del nemico. E non sarà uno sforzo breve, ma una campagna persistente e sostenibile».

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