Nonostante le quote rosa, in Francia la politica resta in mano agli uomini

Doppia preferenza imposta per legge, ma il 94% dei dipartimenti è in mano a un uomo

Nonostante le quote rosa, in Francia la politica resta in mano agli uomini

La strada pareva semplice, la speranza forse era ingenua. Garantire l'effettiva presenza delle donne in politica obbligando gli elettori a esprimere due preferenze al momento del voto, indicando un candidato uomo e una donna.

Così il governo francese, nello scorso agosto approvava la legge sulla parità reale tra uomini e donne: tra le varie misure, la doppia preferenza per le elezioni locali. Ora però, concluse le consultazioni dipartimentali che hanno visto il ritorno trionfale dell'Ump e dell'ex presidente Nicolas Sarkozy, i risultati delle nuove disposizioni paiono piuttosto miseri.

Come scrive il quotidiano progressista Libération, la percentuale di donne elette alla presidenza dei consigli dipartimentali (l'equivalente delle nostre province, ndr) è bassissima. Da sei a nove presidenti donne su ben novantasei dipartimenti (più cinque d'oltremare); il numero preciso non è ancora noto poiché non si è ancora concluso il cosiddetto "terzo turno", quello che prevede appunto l'elezione dei presidenti - o, in rari casi, delle presidenti - dei vari consigli dipartimentali.

I dipartimenti della Repubblica francese, dunque, saranno rappresentati da consiglieri donna per la metà, ma guidati effettivamente da uomini per oltre il 90% dei casi. Un vero e proprio fallimento per la legislatura draconiana varata proprio per garantire "l'effettiva uguaglianza" tanto cara ai princìpi della Rivoluzione. Persino Réjane Sénac, presidente della commissione per la Parità all'Alto consiglio per la parità uomo-donna, ha dovuto gettare la spugna: "Possiamo spartirci i posti senza dividere il potere", ammette sconsolata al quotidiano parigino.

Certo, rispetto al 2011, quando la percentuale di donne elette fu appena del 13,9%, il progresso è strabiliante. Ma dove non arriva la legge, la politica (e gli elettori) sembrano restare fedeli alle vecchie abitudini. I responsabili dei partiti certo provano a trovare delle giustificazioni. In particolare i socialisti, che della legge sulla parità reale furono i principali fautori: "È molto difficile diventare presidente di consiglio per chi viene eletto per la prima volta", spiega il responsabile socialista per queste elezioni, Christophe Borgel". La deputata socialista Sandrine Mazetier protesta parlando di un Paese governato dalla "legge fallica": "Gli uomini considerano illegittimo che una donna possa esercitare il potere, è una convinzione molto radicata nell'immaginario collettivo".

Dall'Ump, invece, invocano la necessità di una transizione più morbida: "In queste consultazioni c'è stato un grande ricambio tra gli eletti: sicuramente un bene perché rappresenta un capitale per il futuro, ma al tempo stesso serve anche un certo grado di stabilità", chiosa Virginie Duby-Muller, segretario nazionale del partito per la parità.

Un'osservazione corretta, che evidenzia una verità ai limiti dell'ovvio: ancor più che imponendola per legge, la parità effettiva tra uomo e donna si potrà raggiungere con una rivoluzione culturale. Che, per sua natura, non può essere imposta. In Francia, ubriachi di egualitarismo, sembrano averlo dimenticato.

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