Era marzo 2015 quando la stampa internazionale scriveva dei primi attacchi aerei sullo Yemen, condotti da una coalizione pan-araba guidata dall'Arabia Saudita, impegnata a ricacciare indietro i ribelli houthi in armi nel Paese e sostenuta anche dagli Stati Uniti.
I caccia si sollevavano in volo, in quella che sarebbe stata definita una proxy war tra gli sceicchi del Golfo e l'Iran, altra potenza regionale, su posizioni diametralmente opposte su quasi tutti i grandi tavoli aperti nel Medioriente.
Quasi un anno dopo, le operazioni militari non accennano ad avviarsi a una conclusione e il numero dei morti civili, rimasti sotto le bombe o caduti per i combattimenti a terra, continua a salire. Sarebbe più di 8 mila, secondo dati che le Nazioni Unite riportavano all'inizio di gennaio di quest'anno.
Ventuno milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria, 8 mila persone sono morte nel conflitto, e notizie che i sauditi si sono affrettati a smentire parlano di bombe a grappolo lanciate su Sana'a, la capitale dello Yemen, la cui città vecchia, abitata da 2.500 anni, è tra i siti protetti dall'Unesco. Ciononostante a nessuno sembra interessare una de-escalation del conflitto.
Un miliardo in bombe aeree
Di certo non interessa a chi vende le bombe che vengono sganciate sui cieli yemeniti. Un chiaro segnale è un dato pubblicato oggi dalla stampa britannica, che mostra come i produttori di armi britannici abbiano aumentato l'esportazione verso l'Arabia Saudita di più di cento volte. In tre mesi, tra luglio e settembre di quest'anno, sono state vendute bombe per un miliardo di sterline (quasi 1.3 miliardi di euro). Nel trimestre precedente il volume di vendite era arrivato a 9 miliardi di sterline.
Secondo un rapporto di Amnesty International pubblicato a dicembre la Gran Bretagna sta violando leggi internazionali, nazionali ed europee. Ma non è l'unico Stato a doversi preoccupare di accuse di questo tipo. A novembre ancora Amnesty aveva puntato il dito contro un contratto firmato degli Stati Uniti, che includeva anche tipi di bombe sganciate in precedenza sullo Yemen.
E dall'Italia continuano a partire bombe che vanno a imbottire gli arsenali sauditi, che agiscono in mancanza di un mandato internazionale e in violazione del diritto.
L'ultima denuncia è di pochi giorni fa, quando informazioni diffuse online denunciavano un'altra spedizione di bombe dall'aeroporto civile di Cagliari-Elmas, prodotte dalla tedesca Rmw e caricate nella notte su un aereo diretto verso il Golfo.
Secondo la Rete italiana per il disarmo "non è nemmeno più pensabile che si tratti di autorizzazioni rilasciate negli anni scorsi, ma è molto probabile che si tratti di nuove licenze all’esportazione". E poco cambierebbe se quelle bombe non fossero italiane, "ma di una ditta americana" che "utilizza un subcontratto con una ditta tedesca", come detto dal ministro della Difesa Roberta Pinotti in un'intervista a Repubblica.
A ricostruire il viaggio degli ordigni ci aveva pensato già mesi fa un'inchiesta di Reported.ly.
E chiunque sia il Paese a mettere la sua bandierina sulle bombe, la sostanza del discorso resta la stessa: le armi che vanno a finire in Arabia Saudita, che con tutta probabilità cadono sullo Yemen, passano da casa nostra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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