Teresa May ora lo dice a chiare lettere. Dopo tre attentatimessi a segno e cinque sventati promette di far piazza pulita di quella «correttezza politica» che per decenni ha impedito all’Inghilterra di combattere il cancro islamista trasformandola nel Regno Unito della jihad. Per anni però l’Inghilterra si è graziosamente sottomessa a quella cultura evitando di distinguere tra buoni musulmani fedeli allo stato, fondamentalisti pronti a invocare la sharia e jihadisti decisi a sostituire la monarchia con il Califfato. Un errore non da poco per una nazione dove in una generazione la comunità islamica si è triplicata passando da un milione di fedeli del 1991 agli oltre tre milioni censiti nel febbraio 2016. Un errore madornale per una Londra dove i 600mila residentimusulmani rappresentano il 12,4% della popolazione e contano su una rete di oltre 427 moschee assolutamente fuori controllo. E fuori controllo sono anche quartieri come Newham e Tower Hamlets dove i musulmani superano il 30%. Certo per capire che qualcosa non funzionava non occorrevano gli attentati. Bastava la dimostrazione dello scorso dicembre quando mille barbuti riuniti davanti la sede (chiusa) dell’ambasciata siriana di Londra inneggiavano allo Stato Islamico. Del resto qualche problemino deve pur esserci se dal 2012 più di 850 jihadisti britannici son andati a combattere con lo Stato Islamico mentre assai meno inglesi hanno risposto alla richiesta di entrare nella riserva militare di Sua Maestà. Ma se mille jihadisti se ne sono andati almeno 3mila sono i fanatici rimasti e pronti a colpire, come rivelato nel settembre 2015 da fonti dell’intelligence citate dal Times. Alla creazione di questa società malata ha contribuito l’accondiscendenza dei governi che negli anni hanno permesso l’attività di 85 corti islamiche autorizzate ad emettere decisioni e pareri in ambito matrimoniale ed economico basati sulla la legge del Corano. La più eloquente cartina di tornasole di un’integrazione fallita, o meglio di una sottomissione al braccio violento e intollerante dell’Islam, la regalavano però i sondaggi condotti nell’ultimo decennio tra i fedeli musulmani.
Il più clamoroso resta quello realizzato dalla Gallup nel 2009 quando non si trovò un solo musulmano, su un su un campione di 500, pronto a dichiararsi tollerante nei confronti degli omosessuali. Un 100% d’intolleranza evidenziata negli anni successivi dalle tremende immagini dei cosiddetti «pervertiti» buttati giù dai tetti nelle zone della Siria e dell’Irak cadute sotto il controllo di Al Qaida e dell’Isis. E non andò sicuramente meglio nel 2007 quando un inchiesta commissionata dal Sunday Telegraph rivelò che il 40% dei giovani musulmani tra i 16 e i 24 preferiva di gran lunga la sharia rispetto alle leggi del Regno, mentre il 36% si diceva d’accordo nel punire con la morte gli apostati colpevoli di aver abbandonato l’Islam per convertirsi ad altre religioni. Tendenze confermate dai rilevamenti del 2010 quando un quarto dei musulmani residenti in Inghilterra si dichiarò solidale con gli assassini di Charlie Hebdo. Il sondaggio più inquietante resta però quello condotto daYouGov che nel 2008 testò le opinioni di un campione di 600 studenti scelti tra i musulmani iscritti ad una dozzina di Università come l’Imperial College e il King’s College. Ebbene il 32% di quei giovani rampolli, espressione dei ceti medio alti della società islamica, considerava giusto uccidere nel nome della religione.
Ma ancor più devastante è stato scoprire che uno su quattro fra i 90mila universitarimusulmani del Regno è legato a società islamiche vicine al pensiero fondamentalista. Anche perché sei studenti su dieci appartenenti a quel 25% considerano assolutamente giusto uccidere nel nome e per conto di Allah.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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