L'Espresso racconta la testimonianza di Whalid Ghazouani che, suo malgrado, si è ritrovato testimone di uno scambio tra bambine vendute dal padre in cambio di soldi, mandate a lavorare in casa di un funzionario tunisino
"Una Audi A6 gira attorno alla grigia rotonda della piazza principale di Fernana", scrive l'Espresso, è l'auto sulla quale saliranno le due bambine che il padre ha deciso di vendere. Le ragazzine hanno 10 e 14 anni. Whalid si trova sopra un terrazzone affollato di gente, specialmente quando si toglie il sole e l'aria è rinfrescata nel secondo pomeriggio di luglio. È affacciato, la sua attenzione è attirata dalla presenza di una macchina costosa in un quartiere come il suo. Osserva, c'è un padre con due bambine. Uno scambio di soldi veloce e le bambine vengono caricate sull'A6 che riparte. Le bambine sono state portate in una casa a Tunisi, la residenza di un ricco funzionario tunisino dove faranno le domestiche essendo sfruttate a soli 10 e 14 anni.
Whalid si rivolge immediatamente alle autorità che cercano di smorzare la cosa, di farla sembrare una cosa da niente. Sono riluttanti anche a prendere il numero di targa dell'Audi 6. «Non volevano mandare nessuno sul luogo dell’accaduto, non volevano neanche il numero della targa che siamo riusciti a scrivere» dice Whalid. L'intervento di un giornalista locale "smuoverà" le coscienze e la storia arriverà fino al governatore regionale che recupererà le due ragazzine.
Il confine con l'Algeria, a Ouled Khmissa nel capoluogo di Jenduba, Hela K. racconta una storia simile. Ha diciotto anni, ha dovuto rinunciare allo studio per lavorare, fin da piccola. Il sentiero per andare a lavoro non è percorso da mezzi, soltanto con i muli oppure a piedi si possono attraversare quelle mulattiere. Tutti i giorni percorreva la strada per andare a lavoro, due ore all'andata e due al ritorno. Vicino a lei c'è Neila, che di anni ne ha diciannove. Stesso destino di Hela, ha lavorato a Tunisi per due anni e mezzo. Ha badato ai bambini delle famiglie ricche ma, al contrario di altre coetanee, lei è sempre stata trattata bene. Racconta all'Espreso: «Ce ne sono che vengono picchiate, maltrattate. Spesso i padroni cercano bimbe molto giovani che non sanno nemmeno pulire per terra e le insegnano a farlo prendendole a legnate». Entrambe sono sorelle, il fratello più grande che è capofamiglia da quando il padre è morto, sfrutta le due donne e le manda a lavorare fin da piccole.
Il lavoro minorile in Tunisia, come in Italia, è vietato. Purtroppo però non vi è un controllo troppo rigido, tant'è che da alcuni dati emerge che circa il 10% dei ragazzini di età compresa tra i 5 e i 17 anni lavorano in Tunisia. I maschietti vengono reclutati per andare a vendere ai mercati, oppure nelle strade. Altri ancora vengono assoldati e sfruttati nei campi, nell'agricoltura. Le bambine invece vengono "comprate" come schiave dalle ricche famiglie tunisine che le utilizzano come "bimbe domestiche". Puliscono, lavano i vestiti, fungono da baby sitter e così via. La testimonianza di Ouchia Hnia che gira le scuole tunisine da trent'anni e che, ogni volta che si arriva ad una classe composta da bimbi di 10 anni i banchi iniziano a svuotarsi. Le bambine mandate a fare le domestiche subiscono di tutto; vengono violentate, trattate male e sfruttate dai ricchi tunisini. Per le famiglie è ancora un tabù, nessuno ne vuole parlare. Facebook sta iniziando però a riempirsi di attivisti che vogliono combattere lo sfruttamento minorile.
Il governo tunisino, fa sapere il commissario Slah Hyadri, sta prendendo molto sul serio l'argomento: «Abbiamo parlato con le madri delle bambine e le abbiamo integrate al nostro programma per impedire che le figlie siano costrette a lavorare». La stessa Ministra della Donna, della Famiglia e dell'Infanzia dice che: «La sfida più grande che abbiamo è sensibilizzare i genitori che pensano solo a guadagnare soldi ma anche gli intermediari e questo per noi è un modo di lottare contro la violenza e la corruzione».
La Tunisia sta contrastando il lavoro minorile attraverso un sito internet e due numeri verdi che il cittadino può utilizzare per denunciare, come ha fatto Whalid.
L'istituzione e il riconoscimento della giornata mondiale contro lo sfruttamento minorile è soltanto uno dei tanti punti che si prefigge di portare avanti il governo, in modo tale che gli oltre 215mila minorenni non siano più sfruttati ma venga loro concesso la meritata infanzia di cui ogni bambino ha bisogno.
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