Appena il piccolo Wasil Ahmad è uscito dalla sua abitazione per andare a scuola, un talebano gli ha sparato due colpi alla testa. Il killer lo stava aspettando per strada, in sella ad una moto, in una delle vie delle cittadina di Tirin Kot, nella provincia di Khas Uruzgan, in Afghanistan.
Wasil, di appena dieci anni, non era un bambino come tutti gli altri. Per molti era un eroe che combatteva contro i talebani. Era il nipote di Abdul Samad, un ex combattente talebano pentito, successivamente diventato il capo della polizia del distretto provinciale e un membro importante di una milizia. Lo scorso anno, dopo che lo zio viene ferito durante un combattimento, il piccolo guida la resistenza per difendere il suo villaggio dai fondamentalisti.
Per altri, invece, non era un eroe. Era uno dei tanti, troppi, bambini soldato che combattono sia tra le forze governative, sia tra i talebani. Secondo l’organizzazione War Child, solo in Afghanistan ci sarebbero circa 250 mila combattenti minorenni. “E’ illegale proclamarlo eroe e svelare la sua identità, come ha fatto la polizia”, ha spiegato Rafiullah Baidar, portavoce dell’organizzazione. “Lo hanno fatto diventare famoso e per questo è stato ucciso”.
Molto probabilmente, infatti, proprio le foto del piccolo Wasil con casco, uniforme e un'arma automatica tra le braccia, che lo dipingevano come un eroe sui social network, gli hanno stroncato la vita. Ad appena dieci anni.
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