Un bambino israeliano di quattro anni è rimasto ucciso da un colpo di mortaio esploso da Gaza verso il kibbutz di Nahal Oz, non lontano dal confine nord della Striscia. Il piccolo è la vittima di un venerdì di sangue scatenato da Hamas che ha lanciato non meno di 90 missili fra Ashdod, dove una sinagoga ha preso fuoco, Beersheva, dove un uomo è rimasto ferito e la regione del Negev (altri due feriti). Colpite anche Netivot e la stessa Tel Aviv, dove schegge di missili intercettati in aria hanno danneggiato un edificio. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso che «Hamas pagherà un prezzo altissimo». Nelle ore in cui i cittadini israeliani tornano in massa a correre verso i bunker, il movimento islamico di resistenza mostra i muscoli anche ai civili palestinesi: ben 18 uomini accusati di collaborare con Israele sono stati giustiziati in un'esecuzione pubblica alla fine della preghiera del venerdì. Incappucciati e fatti inginocchiare spalle al muro sono stati fucilati fuori da una moschea. I corpi di altri tre «informatori» erano stati scoperti il giorno prima. Doppia l'origine della dimostrazione di forza: giovedì Israele aveva ucciso tre alti capi militari di Ezzedin al Qassam, braccio armato del movimento islamico. Il giorno prima in un attacco dell'aviazione israeliana era rimasta uccisa invece la famiglia di Mohammed Deif, comandante in capo delle brigate islamiche. I funerali della moglie e del figlio in fasce di Deif sono stati il teatro di un'esplosione di odio anti-israeliano.
Azzoppata nel mezzo di una guerra difficile, Hamas ha giurato vendetta e ha iniziato a far fuori oppositori e possibili delatori. La fucilazione delle presunte «talpe» vale come risposta al colpo messo a segno dall'intelligence israeliana. Dietro alla ripresa fortissima delle ostilità ci sarebbe però anche una ragione esterna: il Qatar. Dal 2012 l'emirato dà rifugio alla leadership di Hamas dopo che questa ha «tradito» il suo ex protettore siriano Bashar Assad. Dalla sua ascesa al potere un anno fa, l'emiro Tamim al-Thani lavora da nuova star del mondo arabo e appoggia (e finanzia) tanto Hamas quanto la Fratellanza musulmana. Una linea di aperta rottura sia con i suoi diretti vicini di casa (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein si riuniranno domenica per adottare nuove sanzioni contro il Qatar con il quale hanno rotto le relazioni dallo scorso marzo), sia con l'Egitto. Il Cairo ha trovato una nuova stabilità dopo che il generale e nuovo faraone Abd al-Fattah al-Sisi ha scacciato con i carri armati gli islamici sostenuti da Doha. Adesso il Qatar rende la pariglia, lavorando per il fallimento del negoziato indiretto fra Israele e Hamas per una tregua duratura a Gaza.
Nel momento in cui i mediatori egiziani sembravano più vicini un successo negoziale, al-Thani ha chiesto a Hamas di alzare la posta, mettendo sul tavolo nuove richieste. Un segnale forte è stata anche la convocazione del presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas, obbligato a volare a Doha per discutere con il leader politico di Hamas, Khaled Meshaal. Secondo fonti israeliane, arabe e britanniche dietro alla ripresa della violenza ci sarebbe l'aperta volontà di Doha di impartire una lezione all'anti-islamico al-Sisi.
Secondo Israel Today , il governo al-Thani sarebbe arrivato al punto di minacciare l'espulsione di Hamas dal Qatar in caso di un successo negoziale in Egitto. Nelle stesse ore l'ex premier palestinese, Ismail Haniyeh, ribadiva che Hamas non accetterà nessuna intesa con Israele che non passi dalla fine dell'embargo contro Gaza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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