Turchia, a processo i giornalisti che rischiano l'ergastolo per spionaggio

Il caso dibattuto a porte chiuse. Il direttore di Cumhuriyet promette battaglia

Can Dündar arriva in tribunale a Istanbul per il processo
Can Dündar arriva in tribunale a Istanbul per il processo

L'accusa è pesante, come pesanti sono i capi d'imputazione che gravano su Can Dündar ed Erdem Gül, rispettivamente direttore e responsabile da Ankara del quotidiano Cumhuriyet, a processo in Turchia per uno scoop in cui accusavano le autorità del Paese di complicità con i gruppi islamisti attivi in Siria, in lotta contro Bashar al-Assad e chi lo sostiene.

"Erdoğan sta guidando un'automobile con i freni che non funzionano a tutta velocità e contro un muro - punta il dito Dündar, intervistato dall'agenzia tedesca Dpa -. Non me ne preoccuperei, se non fosse che in quella macchina ci siamo anche noi".

Parole durissime, che arrivano nel giorno in cui si apre il processo che vede lui e il collega imputati per spionaggio e con davanti a sé la prospettiva di una condanna all'ergastolo. Appena aperto, già solleva dubbi, per la decisione di tenere il procedimento a porte chiuse, impedendo di fatto al pubblico e ai media di prendere parte alle diverse fasi.

La materia del contendere è un articolo che Cumhuriyet pubblicò nel 2015, in cui accusava - prove alla mano - i servizi segreti turchi di inviare armi ai ribelli siriani, in quello che Dündar, nell'intervista rilasciata oggi, definisce come un "reato punibile" secondo il diritto internazionale. Fatti che Ankara ha sempre smentito, sostenendo che quei convogli non contenessero altro che aiuti umanitari.

Per le accuse a loro carico, Can Dündar ed Erdem Gül hanno già scontato 92 giorni di carcere a Silivri, alle porte di Istanbul, prima che a febbraio la Corte costituzionale non decisse per il loro rilascio, parlando di una violazione del "diritto alla libertà personale e alla sicurezza" e alla "libertà di stampa e di espressione".

"Non ho mai pensato di lasciare la Turchia", ha detto Dündar alla Dpa, parlando diffusamente di come la stampa stia affrontando un periodo difficile, in un Paese che la classifica stilata annualmente da Freedom House considera "parzialmente libero" e in cui il panorama mediatico è definito "non libero".

Se il caso in cui sono implicati Can Dündar ed Erdem Gül è quello che sta ottenendo più visibilità a livello internazionale, molte sono le ragioni per guardare con apprensione alla libertà di stampa in Turchia. Di recente il quotidiano Zaman, come già altre testate d'opposizione, è stato commissariato per i legami con Fethullah Gülen, imam un tempo alleato del presidente Erdoğan e ora accusato di tentare di istituire una sorta di Stato parallelo.

In una seconda intervista, concessa alla Reuters, Can Dündar ha giurato di utilizzare il processo in cui è implicato per riportare l'attenzione sul caso che

ha messo alla sbarra lui e Gül. "Non siamo imputati, ma testimoni - ha detto -. Lo Stato è stato colto a commettere illegalità e sta facendo tutto ciò che è in suo potere per nasconderle".

@ACortellari

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