Tre ore prima di essere ucciso Boris Nemtsov aveva rilasciato un’intervista in cui era tornato a chiedere la fine del conflitto nel Donbass. Nei 45 minuti della diretta su Radio Echo, Nemtsov aveva invitato gli ascoltatori a prendere parte alla manifestazione prevista per domani a Mosca (dopo la notizia dell'assassinio è stata annullata). In origine, secondo le intenzioni del 55enne leader dell’opposizione, doveva essere un raduno per chiedere "la fine immediata della guerra in Ucraina" e sostenere la tesi dell’Occidente, negata con forza dal Cremlino, che nel conflitto sono impegnate anche le truppe russe. Oltre al forte dissidio sull'est dell'Ucraina Nemtsov era convinto che anche la crisi economica russa fosse il frutto della "folle politica" attuata da Putin in Ucraina.
Nemtsov era stato un figlio "ribelle" della nomenklatura russa. Nato il 9 ottobre del 1959 a Soci - il padre era stato viceministro sovietico dell’edilizia e membro del Pcus e la madre pediatra molto conosciuta - Nemtsov studia fisica dal 1976 al 1981. Poi nel 1986, dopo il disastro di Chernobil, organizza un movimento di protesta nell’allora Gorki, per impedire la costruzione di una nuova centrale nella regione. Sono gli anni della Perestroika di Mikhail Gorbaciov. Nello stesso anno si propone come candidato indipendente per le elezioni del Soviet dei deputati del popolo, ma la commissione elettorale locale glielo impedisce. Nel 1989 ci riprova. Il suo programma prevede una serie di riforme, radicali per l’epoca, con idee a sostegno di una democrazia multipartitica e dell’impresa privata. Non viene eletto, ma si ripresenta nel 1990 alle elezioni del Soviet supremo della Repubblica russa e questa volta ha la meglio sugli altri candidati, sfidando il listone comunista. In Parlamento si unisce alla Coalizione riformista ieltsiniana. Entra a far parte del comitato legislativo, che si occupa delle riforme agricole e della liberalizzazione del commercio estero.
In quel periodo, finisce sotto l'ala protettiva di Yetsin, che lo considera quasi come un figlio politico. Nell'agosto 1991, durante il tentato colpo di Stato dei "nostalgici", Nemtsov sta al fianco di Yeltsin nella resistenza. Poco dopo viene "ricompensato" con la nomina a rappresentante plenipotenziario del presidente della Federazione Russa nella regione di Nizhni Novgorod. In seguito diventa governatore e viene rieletto nel 1995. Il suo incarico è contrassegnato da un programma di riforme liberali che producono crescita economica e gli valgono le lodi persino di Margaret Thatcher.
Nel marzo 1997 Nemtsov viene nominato primo vicepremier della Russia e gli viene affidato il compito di riformare il settore energetico. In questo periodo conta su un discreto appoggio popolare e sembra essere un potenziale candidato presidente per il 2000. Ma la sua carriera politica subisce un brusco stop nell’agosto 1998, a causa della gravissima crisi economica che investe la Russia e travolge il rublo. Nell’agosto 1999 tenta a rilanciarsi fra i cofondatori dell’Unione delle forze di destra, una coalizione di forze democratico-liberali che riceve quasi 6 milioni di voti, pari all’8,6%, alle elezioni parlamentari del dicembre dello stesso anno.
Ma è un successo effimero. Inizia la stagione dell’opposizione a Putin, inflessibile su tutti i dossier più importanti: dalla questione cecena al recente conflitto in Ucraina. Fino alla morte violenta, a poche decine di metri dal Cremlino.
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