L’attentatore di Parigi è stato identificato come Khamzat Azimov, classe 1997, in Francia da quando aveva 13 anni e con cittadinanza francese ricevuta nel 2010. L’identificazione dell’attentatore non è stata immediata in quanto il soggetto non aveva documenti con sé. Il grido "Allahu Akbar", la barba da salafita, elementi che lasciavano da subito pochi dubbi sulla motivazione dell’attacco.
L’ambasciata russa a Parigi ha chiesto informazioni sull’attentatore ed è in attesa di una risposta dalle autorità locali. Il rappresentante ufficiale del governo francese, Benjamin Grivo, ha intanto confermato che l'attentatore era inserito nel registro dei servizi di intelligence come una potenziale minaccia per la sicurezza nazionale dal 2016. In precedenza, la stazione radio Europa 1 aveva riferito che l'attentatore non era noto alla polizia in quanto non aveva precedenti penali, ma era segnalato all’intelligence.
Le indagini ora si estendono sia al contesto familiare che alle frequentazioni che Azimov aveva in zona, anche se resta valida l’ipotesi della radicalizzazione "da remoto", magari con contatti tramite strumenti quali Telegram. In ogni caso bisognerà attendere per avere ulteriori elementi che possano fornire una panoramica più chiara sul profilo dell’attentatore.
La Bfmtv spiegava che il ceceno aveva "contatti specifici e indiretti" con un soggetto in Siria. Marco Maiolino, analista dell’Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies/Università Cattolica di Milano forniva ulteriori dettagli: "Azimov pare fosse in contatto con il marito di una combattente del Daesh in Siria. Dalle indagini emergerà la qualità dei potenziali rapporti tra il soggetto ed eventuali membri del sedicente Califfato e in ogni caso in questi anni il Daesh ha utilizzato lo strumento dell’attivazione virtuale per progettare terrore all’estero, radicalizzando, mobilitando e supportando l’attività jihadista da remoto”.
Per quanto riguarda la tipologia di attacco Maiolino sottolineava: "È un classico esempio di attacco individuale contro un soft-target, ovvero il colpire la popolazione con un’arma del quotidiano, ovvero un coltello".
Azimov pare fosse arrivato in Francia assieme alla famiglia nel 2005, nel bel mezzo della Seconda Guerra di Cecenia (1999-2009), così come tanti altri ceceni fuggiti in Francia e che compongono una diaspora che si aggira intorno ai 30mila secondo gli ultimi dati.
Una diaspora che è a rischio di radicalizzazione; secondo fonti istituzionali di Grozny sono più di 4mila i jihadisti ceceni attivi in
Siria e non è tra l’altro la prima volta che dei jihadisti ceceni si attivano in Francia: nel gennaio del 2015 infatti un gruppo di cinque ceceni in possesso di esplosivo era stato arrestati a Beziers, nel sud del Paese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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