“Credo che le 28 pagine mancanti saranno desecretate. Sostengo in tal senso la loro pubblicazione così da dimostrare l’estraneità del governo saudita negli attentati dell’11 settembre”. E’ quanto ha dichiarato il direttore della Cia, John Brennan, in una lunga intervista ad Arabiya TV.
Le amministrazioni Bush ed Obama, fino ad oggi, si sono rifiutate di declassificare quelle 28 pagine, sostenendo che il loro rilascio metterebbe a repentaglio la sicurezza nazionale. I critici, invece, motivano tale riluttanza a causa del coinvolgimento dell'Arabia Saudita nell’attacco terroristico di al-Qaeda che ha ucciso quasi 3.000 persone sul suolo americano. Da rilevare che tale conclusione non può tenere conto di quanto sarebbe emerso nelle 28 pagine classificate.
Sto effettuando un esame preliminare – ha aggiunto Brennan – ma in base ai risultati del rapporto già pubblicato, sappiamo che non vi è alcun legame del governo saudita, inteso come stato, istituzioni o funzionari, negli attacchi dell'11 settembre.
L'ex senatore Bob Graham, che ha co-presieduto l'inchiesta del Congresso sugli attentati, ha confermato lo scorso aprile che la Casa Bianca deciderà entro giugno se pubblicare o meno le 28 pagine classificate.
Le 28 pagine si riferiscono principalmente ai finanziatori degli attentati – ha aggiunto Graham alla ABC – e puntano il dito contro l’Arabia Saudita.
“La posizione del governo degli Stati Uniti è stata quello di proteggere l'Arabia Saudita. Praticamente in ogni fase del processo giudiziario, quando il governo degli Stati Uniti è stato chiamato a prendere una posizione, hanno sempre protetto i sauditi a discapito degli americani”.
Sostengo la desecretazione delle 28 pagine – ha concluso il direttore della Central Intelligence Agency – così da porre fine alle illazioni sul presunto coinvolgimento saudita negli attacchi. L’Arabia Saudita ha sempre negato di aver fornito alcun tipo di supporto ai 19 dirottatori, la maggior parte dei quali erano cittadini sauditi.
Riyad sembra comunque temere la pubblicazione di quelle 28 pagine. Il Ministro degli Esteri saudita, Adel al-Jubeir, comunicando la posizione del proprio paese, avrebbe minacciato di ritirare tutti i capitali, stimati in miliardi di dollari, investiti nelle attività finanziarie statunitensi. Una quota di 750 miliardi di dollari in titoli del Tesoro ed in altre attività finanziarie americane sul mercato mondiale che l’Arabia Saudita sarebbe disposta a riportare in patria.
Justice Against Sponsors of Terrorism Act
La sezione trattenuta nel rapporto del 2002, le famose 28 pagine, è al centro di una disputa che contrappone gli americani alla Casa Bianca.
Lo scorso 17 maggio, il Senato ha approvato all'unanimità un disegno di legge che consentirebbe ai sopravvissuti ed ai parenti delle vittime dell'11 settembre di citare in giudizio l'Arabia Saudita. Barack Obama ha già annunciato che porrà il veto. Per diventare esecutiva, infatti, la legge dovrà essere prima approvata dalla Camera e poi firmata dal presidente degli Stati Uniti. La motivazione ufficiale della Casa Bianca è che “il Justice Against Sponsors of Terrorism Act potrebbe avere conseguenze imprevedibili”. L’amministrazione Obama teme pericolose ripercussioni giuridiche per una norma che, se diventasse esecutiva, andrebbe in contrasto con quanto previsto dall’immunità sovrana, creando una pericolosa eccezione. In vigore dal 1976, la dottrina dell’immunità sovrana sancita dal Foreign States Immunities Act, disciplina l’immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione americana. Il Justice Against Sponsors of Terrorism Act autorizzerebbe tutti i procedimenti giuridici contro l’Arabia Saudita.
Questa la posizione ufficiale della Casa Bianca:
“Il Justice Against Sponsors of Terrorism Act modificherebbe una legge internazionale di lunga data relativa all'immunità sovrana. E il presidente degli Stati uniti continua ad avere serie preoccupazioni cha questa legge renderebbe gli Usa vulnerabili in altri sistemi giudiziari nel mondo.
Siamo impegnati all'estero più di ogni altro Paese al mondo, soprattutto in operazioni di pace e umanitarie. Intaccare l'immunità significherebbe mettere a rischio gli americani che lavorano all'estero”.
Nella foto, ecco come appaiono oggi le pagine classificate.
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