Il Congresso sfida Trump: nuove sanzioni alla Russia. Mosca: "Via i diplomatici"

Il Senato approva il disegno di legge che impone nuove sanzioni a Russia, Iran e Corea del Nord e limita i poteri del presidente. E ora, sui rapporti con la Russia, Trump ha le mani legate. Gelo con Mosca che chiede agli Usa di ridurre i diplomatici sul territorio russo

Il Congresso sfida Trump: nuove sanzioni alla Russia. Mosca: "Via i diplomatici"

Dopo la batosta incassata con la bocciatura in Senato del provvedimento che prevedeva l’abrogazione parziale dell’Obamacare, Donald Trump si prepara a rinunciare ad un altro tassello del proprio programma elettorale: quello della normalizzazione dei rapporti con la Russia.

Con l’approvazione del disegno di legge che prevede l’inasprimento delle sanzioni a Russia, Iran e Corea del Nord, oggi il Senato americano ha di fatto commissariato il presidente sul capitolo delle relazioni con Mosca, a sei mesi dal suo insediamento. Il provvedimento, che si intitola “Contrastare gli avversari degli Stati Uniti attraverso i provvedimenti sulle sanzioni”, arriva in pieno Russiagate e, oltre ad imporre nuove sanzioni nei confronti di Mosca, Teheran e Pyongyang, contiene anche il divieto per il presidente degli Stati Uniti di revocare o alleggerire le sanzioni alla Russia senza prima aver ottenuto l’ok dei parlamentari del Congresso. Se Trump firmasse il disegno di legge, quindi, perderebbe il potere di allentare o rimuovere totalmente le restrizioni decise dall’amministrazione Obama contro la Russia e potrebbe compiere un passo di questo tipo soltanto notificando all’organo che rappresenta il potere legislativo, con specifici report, le sue intenzioni di cambiare l’attuale politica statunitense nei confronti della Russia. Una politica che, ormai, non viene vista di buon occhio in molte cancellerie del Vecchio Continente.

A votare il provvedimento è stata la stragrande maggioranza dei parlamentari. Al Senato, infatti, il disegno di legge ha raccolto l’approvazione di 98 senatori su 100 mentre alla Camera dei rappresentanti i voti favorevoli sono stati 419 e i contrari soltanto 3. Numeri sufficienti a ribaltare un eventuale veto del presidente sul provvedimento. E così ora Trump si trova dinanzi a un bivio. O meglio, ad un vicolo cieco. Il presidente, infatti, ha davanti a sé due mosse: sottoscrivere un disegno di legge che sancisce il suo stesso commissariamento in uno dei settori più importanti della politica estera statunitense oppure porre il veto sul provvedimento. Opzione, quest’ultima, tanto rischiosa quanto inutile. Il Congresso, infatti, dispone di una maggioranza sufficiente ad annullare il veto presidenziale. Inoltre, utilizzare lo strumento del veto su un provvedimento del genere, mentre famigliari, consiglieri e membri dello staff presidenziale sono nell’occhio del ciclone per i presunti contatti con gli ufficiali del governo russo, potrebbe alimentare il fuoco dello scandalo.

Salvo colpi di scena, quindi, a Trump non rimane che approvare la legge che conferma le misure restrittive contro la Russia contenute negli ordini esecutivi firmati dal suo predecessore e introduce nuovi ostacoli alla cooperazione russo-americana in campo militare, industriale e dell’intelligence. L’approccio aggressivo nei confronti della Russia, che per anni è rimasto una costante nella dottrina della politica estera repubblicana e neocon, quindi, è destinato a restare. I buoni propositi del presidente sulla ripresa del dialogo con Mosca non hanno convinto la sua maggioranza. Appelli bipartisan a votare il provvedimento sono arrivati, infatti, dal repubblicano John McCain. “Non tollereremo attacchi alla nostra democrazia, è questo il significato di questo disengo di legge”, ha detto il senatore dell’Arizona, citato dal New York Times, “dobbiamo schierarci in questa battaglia, non come repubblicani, non come democratici, ma come americani”.

Il ministero degli Esteri russo: "Washington riduca i diplomatici"

Intanto, da Mosca, arrivano le prime reazioni al provvedimento che rischia di far raffreddare ulteriormente il clima tra le due potenze. Il ministero degli Esteri russo ha chiesto, infatti, a Washington di ridurre la presenza del personale diplomatico americano presente sia nell’ambasciata di Mosca, sia nelle rappresentanze consolari di San Pietroburgo, Ekaterinburg, e Vladivostok a partire dal prossimo 1 settembre. A partire dal primo di agosto, inoltre, la dacia di Serebryany Bor, utilizzata dai diplomatici Usa come residenza estiva e i magazzini di via Dorozhnaya a Mosca, saranno posti sotto sequestro. I diplomatici statunitensi presenti in Russia, questa la richiesta del ministero, non dovranno superare quota 455. In altre parole, dovranno essere pari al numero di funzionari russi in servizio negli Stati Uniti dallo scorso dicembre, quando Barack Obama ordinò l'espulsione di 35 diplomatici di Mosca e il sequestro di due compound della rappresentanza diplomatica russa a New York e nel Maryland.

Non è chiaro quanti diplomatici dovranno fare le valigie, ma secondo fonti citate dall'agenzia russa Interfax potrebbero essere centinaia. Secondo alcuni funzionari statunitensi, infatti, la rappresentanza diplomatica americana in Russia consta di 1.100 unità. Di queste, 300 sono in servizio soltanto presso l'ambasciata americana a Mosca. Il Cremlino si riserva altre azioni contro i diplomatici statunitensi in risposta alle misure varate oggi a Washington, ha precisato il ministero degli Esteri. "Nel caso di nuove azioni unilaterali da parte delle autorità statunitensi per ridurre il numero dei nostri diplomatici negli Stati Uniti, seguirà una risposta parallela", si legge, infatti, nel comunicato del ministero degli Esteri russo, citato dall’agenzia russa Tass.

“L’azione degli Stati Uniti ancora una volta testimonia la politica estera estremamente aggressiva di Washington, che ignora le esigenze e gli interessi degli altri Paesi”, è il commento contenuto nella nota divulgata dal ministero degli Esteri di Mosca.

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