La Corea del Nord fa sapere che non dialogherà "mai direttamente con l’amministrazione Usa, neanche tra 100 o 200 anni". È la risposta di Pyongyang agli "attacchi assurdi, imperdonabili e diffamanti" del vicepresidente Usa Mike Pence, che durante la sua visita in Corea del Sud per le Olimpiadi invernali, ha parlato di "regime dittatoriale". Sono stati definiti "assurdi", dal portavoce, gli "attacchi" di Pence alla delegazione nordcoreana presente ai Giochi e alla sorella del leader Kim Jong-un, Kim Yo-jong.
La chiusura è totale: "In nessun momento mendicheremo un dialogo" con l’amministrazione Trump. "Non vogliamo contatti con chiunque aggredisca la dignità del nostro governo e del nostro leader supremo. Non parleremo mai direttamente con queste persone".
Dalla Corea del Sud, però, trapelano voci discordanti. "Pyongyang ha espresso la disponibilità a colloqui con gli Stati Uniti", ha reso noto l’ufficio presidenziale sudcoreano, dopo l’incontro tra il presidente sudcoreano, Moon Jae-in, e Kim Yong-chol, il capo della delegazione nordcoreana giunta in Corea del Sud per la cerimonia di chiusura dei Giochi olimpici invernali di Pyeongchang.
Intanto la Cina ribadisce la propria contrarietà al varo di sanzioni unilaterali contro la Corea del Nord e chiede agli Usa di interrompere le "violazioni" che colpiscono la cooperazione bilaterale in molte aree, colpendo anche società e individui cinesi.
"Affronteremo seriamente ogni violazione riscontrata alle risoluzioni dell’Onu contro la Corea del Nord", ha avvertito il ministero degli Esteri, dopo che venerdì scorso il presidente Trump ha varato le sanzioni, definite "più pesanti di sempre", contro Pyongyang.
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