Corea del Nord, le opzioni di Trump

L'infallibilità concessa al Presidente Trump alla sua prima valutazione tattica a livello internazionale. Sulla Corea del Nord poche opzioni, alcune pessime.

Corea del Nord, le opzioni di Trump

Negli ultimi tre anni, gli Stati Uniti avrebbero intensificato gli attacchi informatici per tentare di sabotare il programma missilistico della Corea del Nord. Gli attacchi informatici, secondo quanto riportato dal New York Times, sarebbero stati autorizzati dal Presidente Barack Obama e rientravano in una serie di opzioni prospettate dal Pentagono al comandante in capo.

Negli ultimi tre anni, la Corea del Nord ha testato diversi sistemi d’arma con sorte alterna. Tuttavia è impossibile stabilire la reale capacità degli hacker del Pentagono nei test falliti da Pyongyang e quanto, invece, abbiano influito i difetti di progettazione. Negli ultimi otto mesi, esclusi quelli di ieri, il Nord ha lanciato con successo tre missili a medio raggio. StratCom continua ad analizzare il test di poche ore fa. Il sistema a medio raggio Musudan, ha un tasso di fallimento complessivo dell’88 per cento.

Il Presidente Donald Trump dovrà adesso rivedere la strategia della Casa Bianca, considerando che nessuno scudo antimissile esistente sarebbe in grado di contrastare efficacemente un attacco preventivo o di rappresaglia del Nord. Nessuno sistema missilistico di difesa assicura una schermatura completa: sono asset concepiti per ridurre la percentuale dei missili in entrata e per garantire la rappresaglia.

Le opzioni di Trump

Salito al potere nel 2011 dopo la morte del padre, Kim Jong Un ha ridato nuova linfa ai programmi missilistici e nucleari del paese. Nel 2016, Pyongyang ha effettuato due test nucleari e lanciato più di trenta missili sperimentali. Nonostante le risoluzioni delle Nazioni Unite, la Corea del Nord continua a sviluppare il processo di standardizzazione delle testate nucleari da imbarcare sui missili strategici. Il Nord ha condotto test nucleari nel 2006, 2009 e nel 2013. Il quarto test nucleare si è svolto lo scorso anno, due giorni prima il compleanno di Kim. Il quinto test è avvenuto a margine delle manifestazioni per il 68° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Democratica di Corea e pochi giorni dopo il vertice economico del G-20 in Cina.

Donald Trump dovrà adesso decidere l’opzione migliore per contrastare o sabotare il programma missilistico della Corea del Nord. La Casa Bianca potrebbe ordinare una guerra informatica ed elettronica totale, ma senza alcun tipo di garanzia. La pista diplomatica potrebbe congelare momentaneamente la questione nucleare e missilistica, ma il problema non si risolverebbe. L’opzione militare sarebbe quella più pericolosa, considerando che le forze missilistiche della Corea del Nord sono altamente mobili. Un massiccio attacco preventivo colpirebbe molti siti di lancio, ma non escluderebbe un attacco di rappresaglia contro la Corea del Sud ad esempio. Si potrebbero ancora di più acuire le già tremende sanzioni internazionali facendo leva sulla Cina che, tuttavia, teme una crisi umanitaria a ridosso dei suoi confini qualora cadesse il regime.

Queste opzioni sono state discusse nell’ultima riunione sulla sicurezza nazionale avvenuta martedì scorso nella Situation Room. Tra le opzioni, anche quella di reintrodurre armi nucleari tattiche nella Corea del Sud. Sarà una scelta che spetterà all'infallibilità concessa al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, alla sua prima valutazione tattica a livello internazionale.

La guerra di Obama e le criticità dello scudo

Nei primi mesi del 2014, il Presidente Obama avrebbe ordinato al Pentagono di intensificare gli attacchi informatici contro la Corea del Nord. Una decisione che sarebbe stata assunta dopo le criticità dello scudo antimissile, costato ad oggi 300 miliardi di dollari, incapace di proteggere gli Stati Uniti continentali. Il territorio americano affida la sua difesa al sistema Ground-based Midcourse Defense, progettato per intercettare missili balistici a lungo raggio in entrata. I quarantaquattro intercettori sono schierati a Fort Greeley, in Alaska e presso la Vandenberg Air Force Base, in California. Gli intercettori si basano sull’Exoatmospheric Kill Vehicle, sistema cinetico di rilascio che utilizzando i dati di orientamento e sensori di bordo dovrebbe identificare e distruggere un missile in arrivo nello spazio. A questa linea di difesa continentale, bisogna aggiungere le trentatré unità Aegis della Us Navy equipaggiate con intercettori SM-3. Lo scudo americano, sarà integrato nel Ballistic Missile Defense della Nato in Europa. Le postazioni di fuoco europee dello Scudo Spaziale Usa/Nato sono in Polonia ed in Romania. Il Mar Mediterraneo, così come il Mar Adriatico e Ionio, rappresenta il fulcro delle capacità offensive dello scudo con rotazione costante dal 2011 di incrociatori lanciamissili classe Ticonderoga e Arleigh Burke. Le due stazioni di allarme precoce sono state schierate presso la stazione della Raf di Fylingdales ed in Turchia. La stazione mobile AN/TPY (Army Navy / Transportable Radar Surveillance) è stata schierata presso la base Kürecik, in Turchia, nel gennaio del 2012.

Il programma BMD è stato progettato per intercettare una manciata di missili provenienti dall’Iran o dalla Corea del Nord. L’attuale tecnologia non è in grado di arrestare in modo affidabile un massiccio attacco missilistico russo o cinese. L’intercettore cinetico è ritenuto ancora inaffidabile ed inadeguato per debellare una minaccia stratificata, ad esempio contro un attacco di saturazione portato da centinaia o migliaia di testate a rientro multiplo indipendente.

Nell’ultimo test, avvenuto in condizioni ideali, il tasso di fallimento complessivo del sistema antimissile è pari al 56%. In un combattimento reale, tale percentuale è destinata a diminuire.

Gli attacchi informatici

Obama avrebbe autorizzato attacchi nello spettro cyberwarfare a causa delle limitazioni dello scudo che non avrebbe offerto garanzie. Gli attacchi informatici (come quelli della tecnologia left of launch) sono efficaci se indirizzati contro obiettivi identificati. A differenza di quanto avvenuto con il worm Stuxnet in Iran (simmetricamente ideale), gli obiettivi della Corea del Nord sono molteplici e schierati su lanciatori mobili. In un approccio dove il tempismo è fondamentale, gli hacker del Pentagono avrebbero manipolato in remoto i sistemi missilistici, provocando il fallimento del test. Tuttavia, in un contesto operativo, anche se tutti gli attacchi informatici riuscissero a disabilitare i missili schierati in posizione di lancio, sarebbe impossibile hackerare i sistemi nascosti nei bunker sotterranei del paese. Ecco perché la Corea continua a sviluppare un ICBM mobile che, potenzialmente, sarebbe in grado di minacciare gli obiettivi in ​​tutto il mondo. Posizione ribadita anche da Hillary Clinton nel 2009. Pyongyang continua a combinare la tecnologia missilistica di proiezione alla miniaturizzazione delle testate nucleari.

L’attacco ombra

L’attacco informatico ha una particolare caratteristica: quella di essere difficilmente identificabile. L'identità dell'operatore e del paese sponsor resta sempre sconosciuta, sebbene esistano i sospetti che però non forniscono il casus belli. Qualsiasi attacco effettuato nel dominio cyber è considerato un atto di guerra. Gli Stati Uniti non possono affermare di sabotare la rete missilistica della Corea del Nord poiché ciò scatenerebbe reazioni imprevedibili. La deterrenza dipenderà sempre da un certo grado di indeterminatezza e di incertezza. Non è tanto quello che si farà per rappresaglia, ma quello che accadrà una volta avviati i lanci.

Qualora una nazione si convincesse di essere sotto attacco hacker diretto volto a disabilitare gli asset militari, potrebbe essere tentata dal lanciare un attacco preventivo.

La Casa Bianca sta anche esaminando la possibilità di

reintrodurre armi nucleari tattiche in Corea del Sud, ritirate più di 25 anni fa. Quest’ultima opzione potrebbe avere conseguenze imprevedibili. C’è da considerare, infine, la voglia di dar credibilità ai tweet di Trump.

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