Le statistiche sui contagi da Covid-19 iniziano a sconvolgere pure la Germania, che oggi deve registrare un incremento pari a 5000 nuovi casi. Quelli che sono stati rintracciati nell'arco di sole ventiquattro ore.
La situazione di Berlino non è equiparabile a quella italiana, che resta la peggiore in Europa, ma i numeri stanno salendo anche nel Nord del Vecchio continente. E la salita - così come vale per esempio per la Spagna - risulta essere tanto veloce quanto vertiginosa. Del resto, sono le stesse caratteristiche del virus, in specie la contagiosità, a costringere le nazioni a fare i conti con improvvisi balzi in avanti numerici. La Germania, almeno sino all'inizio di marzo, pareva potersi dire coinvolta nel fenomeno pandemico, ma in modo diverso. Adesso il quadro è in evoluzione.
Stando a quanto ripercorso dal Robert Koch Institut (Rki), così come ripercorso dall'Agi, i cittadini tedeschi che sono stati interessati dalla positività al Covid-19, nella giornata appena trascorsa, corrispondono appunto a 5000 persone. Il dato complessivo, nel momento in cui scriviamo, è il seguente: 36.508 tedeschi sono vittime del contagio da Covid-19; 198 sono le persone decedute a causa del coronavirus. Il governo presieduto da Angela Merkel sta discutendo sul da farsi. Le dichiarazioni del ministro dell'Economia suggeriscono come una delle ipotesi sul tavolo sia quella inerente alle nazionalizzazioni delle imprese che non potranno procedere con il rispetto dei termini dei pagamenti. C'è, insomma, la volontà di mettere a disposizione quel "bazooka" statale, che molte realtà esecutive europee stanno sfoderando per evitare il collasso del sistema economico.
Peter Altamaier, però, sta influendo anche sul dibattito continentale: la Germania, attraverso il suo ministro dell'Economia, ha espresso ferma contrarietà nei confronti dell'istituzione dei coronabond.
Il virgolettato con cui il capo di Dicastero tedesco ha preso posizione è del tutto esplicativo: "Niente debiti fantasma", ha dichiarato l'esponente dell'esecutivo guidato da chi, nel frattempo, ha praticamente smesso di citare l'Unione europea e l'Europa all'interno dei suoi discorsi.
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