Così la Marina Italiana s'addestra davanti alla Libia

Da quando lo Stato Islamico ha messo radici intorno a Derna, ha occupato Sirte e messo a segno diverse azioni a Tripoli e dintorni l'eventualità di un attacco alle navi italiane non è più una semplice ipotesi. Siamo andati a bordo della Fregata Aliseo, che si addestra a combattere l'Isis davanti alle coste libiche

La fregata Aliseo pattuglia le coste libiche
La fregata Aliseo pattuglia le coste libiche

"Falla a prora, falla a prora... assumere il ruolo di combattimento, tutto il personale ai propri posti, squadra antincendio in azione". All'improvviso il gracchiare continuo e concitato degli altoparlanti si sovrappone allo sciacquio dei flutti, al brontolio dei motori, al ronzio delle eliche.

Ora i ponti della fregata sono un formicaio impazzito. I marinai con i passamontagna anti fiamma calati sul volto, le bocchettine strette in pugno e le bombole antincendio in spalla scivolano dai boccaporti, attraversano come tetri fantasmi il ventre di nave Aliseo. All'interno della "Centrale operativa di piattaforma" il capitano di corvetta Pietro Cipolloni, direttore di macchina della fregata, controlla i pannelli luminosi, verifica gli impianti elettrici, tiene sott'occhio ogni oscillazione dei diagrammi di potenza dei motori. In un attimo le informazioni sui danni e sulle avarie di sistema risalgono fino all'interfono del comandante Giovanni Tongiorni riunito con altri ufficiali e sott'ufficiali in plancia di combattimento.

Due piani più sotto, nella pancia della nave ferita, le formiche in passamontagna e respiratore risalgono sconfitte. "Settore perduto, settore perduto il varco dell'esplosione è troppo ampio " - ulula un voce invisibile nel scintillio fioco delle luci d'emergenza. Ora la sagoma nera emerge dalle profondità allagate, spunta dal boccaporto, se lo chiude alle spalle, lo puntella con le assi di legno portate dai compagni. Dalla plancia la voce del comandante Tongiorni diffonde le tre nuove priorità della nave colpita, ma non ancora affondata. "Continuare la missione assegnata, contenere il danno, ripristinare l'efficienza".

L'esplosione che venti minuti fa ha squarciato la prua di nave Aliseo è, per ora, solo un'ipotesi di lavoro, un tema d'esercitazione. Ma tra qualche tempo potrebbe diventare realtà. Mentre leggete queste righe la Fregata Aliseo è in navigazione davanti alle coste della Libia. Qui, da dieci mesi a questa parte, le navi della Marina Militare impegnate nell'operazione Mare Sicuro devono tener presente l'eventualità di emergenze molto più complesse ed insidiose delle semplici operazioni salvataggio ai barconi pieni di migranti.

Da quando lo Stato Islamico ha messo radici intorno a Derna, ha occupato Sirte e messo a segno diverse azioni a Tripoli e dintorni l'eventualità di un attacco alle navi italiane non è più una semplice ipotesi. Un barchino esplosivo, come quello usato da Al Qaida nell'ottobre 2000 per colpire la "Uss Cole", un incrociatore americano alla fonda nel porto yemenita di Aden, potrebbe venir impiegato anche per colpire le nostre unità. Per questo a bordo delle navi della missione "Mare sicuro" l'addestramento e le simulazioni d'attacco si susseguono senza sosta.

Perché come spiegano gli ufficiali di queste unità solo un addestramento continuo può far fronte alle insidie agli imprevisti di una minaccia imprevedibile ed asimmetrica come quella del terrorismo.

"Provare e riprovare - spiega il tenente di vascello Luca Gullotta, responsabile della pubblica informazione su Fregata Aliseo - è il segreto per evitare quelle lacune e quelle deficienze che rischiano di farti trovare impreparato al momento del bisogno e dell'emergenza. E dalla nostra capacità di rispondere ad un attacco imprevisto dipendono le nostre vita e la sicurezza di tutte queste navi."

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