Dopo il crollo alla Mecca, i sauditi voltano le spalle a Binladin Group

La corte che ha in mano il caso ha annunciato che la società non potrà aggiudicarsi altri progetti. Divieto d'espatrio per i soci

Dopo il crollo alla Mecca, i sauditi voltano le spalle a Binladin Group

Sono centosette le persone che hanno perso la vita alla Mecca, in un gravissimo incidente provocato dalla caduta di una gru sulla Moschea grande della città santa dei musulmani.

Un dramma che si è consumato a pochi giorni dall'inizio del mese in cui tradizionalmente si compie il pellegrinaggio e ha fatto finire sotto scrutinio la società che stava compiendo i lavori, la Saudi Binladin Group.

Il gruppo fondato da Mohammed bin Laden, yemenita e padre del più noto Osama, è oggi una multinazionale tra le più grandi del suo settore nel mondo arabo. Da tempo si occupa dei lavori alla Mecca e a Medina, i due luoghi più santi dell'islam, grazie a un legame strettissimo che univa bin Laden e re Abd al-Aziz, primo della casata saudita.

I fatti di questi giorni, la gru crollata era della società, non potevano però passare sotto silenzio. Il tribunale che si sta occupando delle indagini ha stabilito che la multinazionale non potrà ottenere nuovi progetti in Arabia Saudita e deciso un divieto di espatrio per gli uomini ai piani alti.

I giudici hanno deciso per le famiglie delle vittime un indennizzo da un milioni di riyal a testa, una cifra che grossomodo corrisponde a 235mila euro.

La società di costruzioni, nel frattempo, ha negato ogni responsabilità, sostenendo che la gru non aveva difetti di costruzione e che i suoi uomini non hanno fatto errori.

Re Salman, impegnato oggi in una visita ai sopravvissuti, ha assicurato che "si farà luce sulle ragioni e che queste saranno rese note ai cittadini".

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