Dopo l’exploit iniziale, la popolarità di Annalena Baerbock, la candidata ecologista dei Grünen alla cancelleria, è in discesa. Colpa di una serie di passi falsi delle ultime settimane. Tra questi, c’è lo scivolone di Robert Habeck, co-presidente del partito, che di ritorno dall’Ucraina aveva proposto di dotare Kiev di "armi difensive" contro i russi. Uno choc per l’elettorato dei Verdi, notoriamente pacifista. Tanto che la spitzenkandidat si è precipitata a chiarire che nel programma del partito rimane il divieto alla vendita di armi tedesche nei teatri di conflitto.
Il testa a testa fra Cdu e Verdi
Evidentemente non è bastato, visto che negli ultimi giorni a crescere nei sondaggi sono il candidato dell'Unione cristiano-democratica e cristiano-sociale, Armin Laschet, e quello dell’Spd, Olaf Scholz. La Cdu-Csu, secondo l’ultimo sondaggio realizzato dall’Insa per la Bild am Sonntag, ora è tornata in vantaggio sui Verdi raggiungendo il 25 per cento delle preferenze, mentre il partito di Baerbock e Habeck è sceso al 22. Secondo la stessa rilevazione, se si votasse domani l’Spd arriverebbe al 16 per cento, i liberali al 13 e Alternativa per la Germania al 12.
Le elezioni federali che sanciranno la fine dell’era Merkel sono in programma per il prossimo 26 settembre. E l’incognita sull’esito del voto tiene con il fiato sospeso tutta Europa, Italia compresa. Le conseguenze della campagna elettorale tedesca sulle nostre questioni interne sono già emerse chiaramente nell’ultimo Consiglio europeo.
Il nodo dell’immigrazione
Il premier italiano, Mario Draghi ha insistito con i colleghi dei 27 che la questione dell’immigrazione e dei ricollocamenti dei migranti fosse all’ordine del giorno della riunione che si è svolta la scorsa settimana. Sono i giorni successivi agli sbarchi di migliaia di disperati a Lampedusa e degli assalti dei migranti a Ceuta. E il timore è che con l’arrivo dell’estate, come di consueto, gli arrivi alle frontiere meridionali d’Europa possano crescere in modo esponenziale.
Ma in vista del voto di settembre i tedeschi, come sottolinea Affari Italiani citando fonti governative, sarebbero ancora più sordi alle richieste di aiuto di Roma. "Questa non è una situazione soddisfacente e non può essere definita una soluzione europea comune e solidale", ha detto il portavoce della cancelliera, Steffen Seibert, criticando l’indisponibilità di diversi Paesi ad accogliere i migranti che sbarcano sulle nostre coste, tendendo idealmente una mano al governo italiano.
Il problema, però, è che almeno per i prossimi quattro mesi, nessuno nel partito di Angela Merkel sogna di impegnarsi su un tema come questo, rischiando di regalare voti all’estrema destra dell’AfD, che ha guadagnato consensi proprio grazie alla politica delle "braccia aperte" sostenuta nel 2015 dalla cancelliera. Il problema è che la rigidità di Berlino, pur se dettata da ragioni contingenti di opportunità politica, rischia di raffreddare anche gli altri Paesi, con il rischio che l’Italia si trovi come al solito isolata sul dossier immigrazione.
L’incognita sulle politiche economiche
Ma l’incognita riguarda anche il dopo voto. Una eventuale vittoria della Cdu, ragionava qualche settimana fa la corrispondente di Repubblica da Berlino, potrebbe mettere a rischio anche le politiche economiche espansive con cui Draghi vorrebbe sostenere la ripresa post Covid. Sempre per non perdere consensi a favore della destra euroscettica il candidato della Cdu-Csu, l’attuale presidente del partito Armin Laschet, sta puntando sulle correnti più conservatrici, prima fra tutte quella di Friedrich Merz, avvocato ed ex manager del fondo Blackrock.
La contropartita per l’appoggio a Laschet, secondo i bene informati, sarebbe la sua nomina, in caso di vittoria della Cdu, al ministero delle Finanze. Che si stia già preparando al ruolo lo dimostra una recente intervista al quotidiano Handelsblatt in cui ha accusato Scholz di non aver "mai corretto i conti pubblici dal lato della spesa per la prima volta nella storia". "La politica di spesa è sfuggita di mano in questa coalizione", ha attaccato ancora Merz, invocando un rapido ritorno al pareggio di bilancio, messo da parte per fronteggiare la pandemia.
Posizioni, queste, che sono in antitesi con quelle del premier italiano e che potrebbero essere sostenute anche in Europa dal nuovo governo tedesco.
Del resto Merz, in questi mesi, non ha perso neppure occasione per attaccare le politiche della Bce. Insomma, per mantenere le regole attuali e sostenere la ripresa post-Covid con interventi in deficit, Draghi ha bisogno del sostegno dei governi europei. Un sostegno che a Berlino rischia di venire meno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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