Gli ultimi istanti di vita di un leader condannato a morte, catturati dalle telecamere a circuito chiuso del bar Separ. Non uno dei tanti caffè all’occidentale che si incontrano lungo il boulevard di Donetsk, capitale dell’omonima Repubblica popolare. Il ristorante Separ, che in gergo significa proprio “separatista”, è quello dove il presidente Aleksandr Zakharchenko si affaccia più spesso, assieme agli uomini della scorta.
Lo scorso 31 agosto, però, succede l’imponderabile (guarda il video). L’uomo più influente del sud-est ucraino, icona della causa indipendentista del Donbass e leader carismatico dei separatisti, rimane ucciso.
Nel “suo” bar. Nonostante le accortezze e nonostante il drappello di body guard che lo circonda. Le immagini che mostrano l’ingresso di Zakharchenko nel caffè, immediatamente seguito dal boato dell’esplosione, sono state diffuse in esclusiva dall’emittente russa Rossija 1. È l’ultimo di una lunga serie di omicidi eccellenti, iniziati nel 2016 con l’assassinio del comandate del Battaglione Sparta Arsenij Pavlov, che hanno falciato le figure di primo piano emerse dopo l’autoproclamazione di indipendenza del 2014.
Oggi, ancora si indaga su come possa esser accaduto, e su come gli attentatori siano riusciti ad arrivare all’uomo forte del Donbass. La prima pista investigativa punta dritta su Kiev, anche se c’è chi adombra sospetti. Faide interne, regolamenti di conti e giochi di potere potrebbero, quantomeno, aver spianato il terreno agli attentatori. Stando alle dichiarazioni del presidente ad interim Denis Pushilin, che guiderà la Repubblica fino all’appuntamento elettorale del prossimo 11 novembre, ci sarebbero prove schiaccianti del coinvolgimento del quinto reparto dei servizi di sicurezza ucraini, inviato da Kiev allo scopo di destabilizzare la regione. Inoltre, stando sempre a quello che trapela da fonti governative, il materiale esplosivo non corrisponderebbe a quello comunemente usato dagli ucraini. Un depistaggio? O forse, come ipotizzato da Pushilin, questo proverebbe l’implicazione dell’intelligence occidentale? “Di fronte agli sviluppi investigativi che portano dritti a Kiev, i governi occidentali, a partire dall’Italia, dovrebbero interrompere le relazioni politiche e diplomatiche con il regime ucraino”, commenta Maurizio Marrone, responsabile della Rappresentanza della Repubblica popolare di Donetsk in Italia.
Di sicuro, la morte di Zakharchenko, il leader che sognava qualcosa di più dell’indipendenza da Kiev e vagheggiava di sostituire l’Ucraina con la Malorossiya (Piccola Russia), segnerà una discontinuità politica forte. La partita della sua successione è aperta. E la risposta sui destini della regione è nella rosa dei dieci candidati ammessi alle elezioni presidenziali. Il favorito è proprio Pushilin, già presidente del parlamento. Pur provenendo dallo stesso partito di Zakharchenko, Donetskaya Respublika, l’attuale presidente ad interim è sicuramente più avvezzo alla mediazione. Non a caso, ha ricoperto il ruolo di delegato della Repubblica popolare tanto al tavolo di pace di Minsk, quanto a quello che si riunisce a Mosca e rappresenta il punto di contatto tra Donetsk e il Cremlino.
Il suo avversario principale è una vecchia gloria dei ribelli filo-russi, Pavel Gubarev, che nel momento caldo della conquista del palazzo del governo regionale di Donetsk era a capo del movimento separatista. Uscito di scena dopo le elezioni del 2014, oggi è appoggiato dall’organizzazione Svobodni Donbassi che, con poche manciate di eletti in parlamento, ha però un peso politico minoritario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.