È una montagna, ma ha il valore proprio di un simbolo esistenziale. Quello che è accaduto sull'Everest nel corso dell'ultima settimana non può non essere raccontato.
Ben dieci, infatti, sono le persone che hanno esalato il loro ultimo respiro, cercando di salire o, nella maggior parte dei casi, riscendendo dalla cima più alta tra quelle presenti sul nostro Pianeta. Il che è piuttosto tragico. Ma qual è il vero problema? Le code interminabili, specie nel momento in cui le persone si volgono indietro, con tutto quello che gli intasamenti comportano in termini di difficoltà pragmatiche. Dalla mancanza e dall'esaurimento di bombole per l'ossigeno, passando per imprevisti difficilmente gestibili quando le risorse disponibili vanno divise per così tanti audaci: di storie da raccontare ce ne sarebbero.
Su Il Corriere della Sera se ne possono approfondire alcune: da chi, provenendo dall'India, è stato costretto a interminabili dodici ore di fila a chi, invece, non è riuscito fisicamente a completare la calata perché privato di qualunque forza fisica. A quasi 9mila metri d'altezza, l'aria non può essere data per scontata. C'è chi è riuscito nell'impresa di baciare la vetta e chi si è fermato prima. Lo scopo, in fin dei conti, è proprio quello di superare se stessi. Ma dieci morti in sette giorni possono non essere solo il frutto di un eccesso di spirito ardito.
Ci sono i soldi, tanti e sedimentati sullo sfondo di un'avventura fisica che travalica lo sport: basterebbe far notare - come si legge sulla fonte citata - come un permesso, quello che consente di testare la propria tenuta, costi 11mila dollari.L'Everest, quest'anno, ha perso nella misura in cui è stato possibile affrontarlo, ma a un avversario di quella portata non va mai prestato il fianco.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.