I Paesi del mondo limitano i viaggi in Cina e il governo di Pechino annulla i tour di gruppo all'esterno del Paese. È questa una delle soluzioni messa in atto per cercare di fronteggiare il coronavirus. Una situazione che riporta alla mente quella di Eyam, il paese della contea di Derbyshire, in Gran Bretagna, che divenne simbolo di sacrificio, durante l'epidemia di peste nel Seicento, come ricorda il New York Times.
Nel 1665, infatti, il villaggio fu colpito da un'epidemia di peste bubbonica, portata da alcuni abiti infestati di pulci, che il sarto locale George Viccars aveva portato da Londra. La prima vittima delle peste fu proprio Viccars e oggi, in città, si può visitare il Plague cottage, luogo in cui l'uomo morì e da dove partì l'epidemia. Per evitare che la malattia si progagasse anche nei villaggi vicini, gli abitanti di Eyam decidero di isolarsi dal resto della Gran Bretagna, sottoponendosi a una sorta di quarantena volontaria: nessuno poteva entrare o uscire dalla città. I beni di prima necessità venivano lasciati ai limiti del paese, dove si estendeva la campagna, mentre i soldi venivano lasciati un pozzo, che veniva disinfettato con acqua e aceto.
L'anno successivo, l'emergenza sanitaria cessò, ma nel frattempo circa 250 abitanti del villaggio morirono, su 350 totali. I villaggi vicini, invece, vennero solamete avvicinati dall'epidemia, senza però nessun evento di dimensioni così catastrofiche.
Come ricorda il Corriere della Sera, l'ultima vittima dell'epidemia a Eyam fu il contadino Abraham Morten, mentre un'altra abitante, Elizabeth Hancock, dovette seppellire sei dei suoi figli e suo marito, tutti uccisi dalla peste. Date le numerose vittime, i posti al cimitero non erano più sufficienti, tanto che i morti vennero sepolti nei giardini di case e fattorie.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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