La furia iconoclasta continua: ora vuole colpire la cristianità

Nel corso della storia i cristiani hanno dovuto combattere in numerose occasioni gli iconoclasti, i ma viviamo in uno dei periodi più bui per la nostra cultura

La furia iconoclasta continua: ora vuole colpire la cristianità

L’invito di Shaun King, scrittore, attivista di estrema sinistra e uno dei leader di Black Lives Matter, ai suoi seguaci di distruggere i simboli religiosi come le statue di Gesù poiché rappresentano “una forma di supremazia bianca” e di “propaganda razzista”, ci fa tornare indietro di secoli agli anni più bui del cristianesimo.

Nel corso della storia i cristiani hanno dovuto combattere in numerose occasioni gli iconoclasti, già nel VIII secolo nell’impero bizantino si diffuse un movimento iconoclasta che promuoveva la distruzione delle icone accusando chi venerava le immagini sacre di sfociare nell’idolatria. Ciò generò un violento scontro tra i cristiani con gravi conseguenze materiali come la distruzione di migliaia di rappresentazioni religiose, di valore non solo spirituale ma anche artistico. In realtà, dietro la furia iconoclasta, si nascondevano ragioni politiche a causa della volontà degli imperatori bizantini di assumere il controllo di territori in mano ai monaci.

Alcuni secoli dopo l’iconoclastia si ripropose con il calvinismo e il puritanesimo, figli della riforma protestante, che portò a distruggere numerose statue e immagini sacre nelle chiese del Nord Europa non più cattoliche.

L’impossibilità di raffigurare le immagini sacre, è tipica della religione islamica che vieta di rappresentare Maometto ma non ha nulla a che fare con la storia cristiana, in particolare cattolica, ortodossa e armena che fa del culto delle immagini sacre una propria prerogativa. Non è un caso, come spiega Maria Bettetini nel suo libro “Distruggere il passato. L’iconoclastia dall’Islam all’Isis”, che il califfato islamico si sia reso protagonista di efferati episodi di distruzione del patrimonio artistico e culturale nei territori controllati.

Chi l’avrebbe mai detto che dopo secoli di guerre ai cristiani e ai luoghi di culto, dopo essere sopravvissuti alla censura dei regimi comunisti, nell’impossibilità di professare la propria fede liberamente ancora oggi in tante aree del mondo (come in Medio oriente, Cina o in alcune parti dell’Africa), i cristiani dovessero assistere alla distruzione dei propri simboli nei luoghi che rappresentano la culla del cristianesimo come l’Italia, l’Europa e più in generale l’Occidente? Eppure è quello che sta avvenendo in questi giorni, non solo la distruzione della statua di San Junipero Serra ma un disegno di più ampio respiro: cancellare qualsivoglia simbolo o immagine che possa richiamare al cristianesimo.

Gli episodi si susseguono da un lato all’altro dell’Atlantico; dall’Inghilterra arriva la richiesta di far rimuovere dalle onorificenze assegnate ai diplomatici dalla Regina, l’immagine di San Michele Arcangelo mentre schiaccia Satana poiché, secondo chi ha promosso la censura, l’immagine ricorda l’uccisione di George Floyd. Stiamo vivendo un attacco a ogni forma di identità europea e occidentale e, dopo la furia iconoclasta che nei giorni scorsi si è abbattuta su esploratori, politici e giornalisti, il movimento di protesta alza la propria asticella puntando sui simboli religiosi, ovviamente cristiani. Il punto è proprio questo: fino a che punto siamo disposti a celare, nascondere, negare la nostra identità? Cosa deve accadere affinché le istituzioni e i cittadini europei e americani mettano fine a questa pericolosa deriva censoria? Chi ci dice che il prossimo obiettivo non saranno proprio le Chiese che già in passato, proprio nella vicina Francia, sono state vandalizzate?

C’è però una differenza tra l’attuale furia iconoclasta e quanto avvenuto nei secoli scorsi che la rende particolarmente pericolosa; oggi viviamo in una società sempre più secolarizzata dove il pensiero illuminista, nella sua accezione giacobina, ha permeato la mentalità comune.

I cristiani sono abituati a una millenaria storia di attacchi e tentativi di cancellarne l’identità e non cederanno di fronte ai moderni iconoclasti ma viviamo in uno dei periodi più bui per la nostra cultura, sotto attacco sia da parte dell’ideologia liberal e globalista sia dalla follia del politicamente corretto assecondata con passività da tanti cittadini che non si rendono conto della strada sempre più pericolosa che abbiamo intrapreso.

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