Venti di crisi sembrano soffiare sulla neo-nata Unione Economica Eurasiatica. Dopo l’unione doganale, il Presidente russo Vladimir Putin avrebbe, infatti, voluto accelerare il processo per portare anche ad un’unione monetaria, ma il suo collega kazako, Nursultan Nazarbayev ha frenato di colpo. E senza il Kazakhstan ogni progresso dell’Unione è impossibile, visto che gli altri due “soci”, la Bielorussia e, ultima arrivata, l’Armenia, sono praticamente due satelliti di Mosca; e, soprattutto, non hanno certo un peso economico e politico paragonabile a quello di Astana. A spingere Nazarbayev ad opporsi alla realizzazione di una moneta unica – sorta di “rublo eurasiatico”, vi sono, indubbiamente, dei fattori contingenti, come il perdurare delle sanzioni internazionali conseguenti alla crisi ucraina, ma anche, e soprattutto, una visione dell’Unione e delle sue prospettive in questo momento molto diversa da quella propugnata da Putin. In effetti Nazarbayev è sempre stato un acceso sostenitore della necessità di costruire, dopo il crollo dell’URSS, un nuovo grande spazio economico comune eurasiatico, ed anzi, fu il primo a promuovere questa idea, quando ancora al Cremlino sedeva Boris Eltsin. Tuttavia il leader kazako ha sempre spinto per la costruzione di un’Unione che non fosse la mera riproposizione, in termini odierni, dell’antico Impero russo-sovietico. Piuttosto una nuova aggregazione che guardasse anche, e forse soprattutto, a paesi che mai avevano fatto parte del Blocco Sovietico negli anni della Guerra Fredda. Anzi, paesi che nel tempo del confronto fra le super-potenze erano schierati con la NATO. Come la Turchia. E non a caso, non più tardi di un paio d’anni fa, lo stesso Nazarbayev, ad un vertice dei paesi turcofoni, invitò caldamente il suo allora omologo turco Gül ad aderire alla nascente Unione Eurasiatica, rinunciando ai vani tentativi di portare Ankara nell’Unione Europea. Dietro a questo, una visione strategica del mondo post Guerra Fredda, nel quale tutti i “giochi” sono radicalmente cambiati, e gli schieramenti del pur recente passato divenuti ormai frusti e improponibili. Come, per altro, hanno drammaticamente dimostrato, in questi anni, sia il conflitto Russo-Georgiano, sia l’attuale guerra in Ucraina. Non si deve, però, pensare che il disegno di Putin sia riproporre, sotto mutate spoglie, l’URSS ed il suo impero. Sarebbe semplicistico e riduttivo del disegno strategico del leader russo. Tuttavia si può notare come – dopo un inizio consonante con l’Amico Kazako – lo Zar Vlad abbia impresso una sterzata alla sua politica. Una sterzata che sembra voler puntare su una grande coalizione dei paesi di fede cristiano-ortodossa. In questo senso va letto il progressivo avvicinamento alla Serbia – altra grande esclusa, visto che è il paese leader dell’area ex-jugoslava, dal salotto buono di Bruxelles – e soprattutto la mano recentemente tesa al leader greco Tsipras. Un incontro, quello di poche settimane fa, che potrebbe lasciar presagire una Grecia che, di fatto espulsa dall’Unione Europea, finisca nell’abbraccio di Mosca, trovando ancora di salvataggio nell’Unione Eurasiatica. In questa direzione, poi, va letta anche l’adesione alla nuova cooperazione economica dell’Armenia, da sempre politicamente e culturalmente legata alla Russia. Adesione che, però, sta portando ad un progressivo raffreddamento dei rapporti con Ankara. Raffreddamento divenuto vero e proprio gelo dopo che Putin ha pubblicamente riconosciuto il “genocidio armeno”, suscitando la rabbiosa reazione del Presidente Erdogan che si è rifiutato di partecipare alle grandi celebrazioni moscovite per il 70° della vittoria sulla Germania di Hitler. La svolta pan-ortodossa impressa da Putin sembra sia stata male accolta anche da tutte le altre Repubbliche turcofone dell’Asia centrale ex-sovietica, in particolare dal Kirghizistan, la cui adesione all’Unione Eurasiatica non è, oggi, più da dare tanto per scontata. Non si tratta solo di una questione religiosa e culturale. Le repubbliche centro-asiatiche, infatti, temono anche il progressivo ridefinirsi di un Blocco politico/economico in dichiarata antitesi con quello Statunitense ed Europeo.
E guardano, per converso, ad Astana, dove la visione kazaka dell’Unione Eurasiatica resta proiettata nella direzione della costituzione di un nuovo Grande Spazio economico non antitetico, ma sinergico con quelli statunitensi e con l’Europa Occidentale.Andrea Marcigliano
Senior fellow del think tank “Il Nodo di Gordio”
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