Ai poteri forti della Libia piace vincere facile a raffiche di mitra, infischiandone della legge o con l'arma della magistratura che emette sentenze di morte contro il candidato di punta. Dopo l'esclusione dalla corsa elettorale per le presidenziali (ma non è detta l'ultima parola) di Seif el Islam, il figlio più sveglio del colonnello Gheddafi in testa a tutti i sondaggi è partito il siluro contro l'uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar. La procura militare di Misurata, la Sparta libica che lo considera il nemico pubblico numero uno, ha condannato a morte il generale. Un magistrato con le stellette ha emesso un mandato di cattura per una serie di raid aerei lanciati fra il 2019 e 2020 quando l'autoproclamato esercito di Haftar assediava Tripoli con l'obiettivo di conquistare la capitale. La condanna a morte a orologeria riguarda il bombardamento contro l'accademia aeronautica di Misurata nell'agosto 2019, che avrebbe provocato un solo morto.
La mossa è pretestuosa e punta a tagliare le gambe alla candidatura di Haftar alle elezioni presidenziali, sempre più in salita, previste per il 24 dicembre. «Dietro ci sono i Fratelli musulmani, che vogliono far saltare il voto con l'appoggio della Turchia», spiega una delle nostre antenne a Tripoli. La discussa legge elettorale prevede l'esclusione della candidatura in caso di condanna penale. Lo stesso strumento utilizzato per far fuori dalle elezioni il figlio di Gheddafi. Il suo avvocato, Khaled al Zaydi, però, ha sottolineato che secondo l'articolo 10 la condanna deve essere definitiva. Impossibile che lo sia nel giro di poche ore per Haftar e ancora meno per Seif el Islam, che ha tirato fuori la sua fedina penale immacolata come un lenzuolo. Ieri il legale, come previsto della legge, ha provato a presentare ricorso a Sebha, nel sud della Libia dove il figlio di Gheddafi aveva presentato la candidatura. Altro colpo di scena alla libica: i soldati di Haftar sono intervenuti armi in pugno negli uffici giudiziari per impedire la presentazione del ricorso. Il generale vede come fumo negli occhi la candidatura di Seif el Islam, consapevole che perderebbe molti voti, anche nel suo feudo in Cirenaica, a favore dell'erede di Gheddafi.
L'Alta commissione elettorale nazionale ha pubblicato ieri un elenco preliminare di 73 candidati ammessi alle elezioni presidenziali. Oltre al figlio del colonnello sono stati esclusi altri 24 personaggi come l'ex premier Ali Zeidan e Bashir Saleh che era stato segretario di Gheddafi. I candidati forti ammessi, per ora, sono il primo ministro in carica Abdul Hamid Dbeiba e il generale Haftar dati appaiati nei sondaggi. Anche a Dbeiba piace vincere facile: per candidarsi avrebbe dovuto dimettersi tre mesi fa dall'incarico di capo del governo. Almeno Haftar ha lasciato formalmente il comando delle truppe nelle fidate mani del suo vice.
L'ex ministro del'Interno, Fathi Bashagha, è il candidato vicino ai Fratelli musulmani «ma nei sondaggi risulta distaccato di molto» spiega la fonte del Giornale. «Se le elezioni fossero un minimo libere e corrette - aggiunge - il figlio di Gheddafi vincerebbe con il 70% dei voti». A patto che possa presentarsi alle urne e che ci arrivi vivo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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