Libia, l'Italia è già in guerra (ma Renzi non vuole dirlo)

A Sirte offensiva contro l'Isis. Sul campo forze speciali Usa e inglesi. Presenti anche i soldati italiani. Ma Renzi non lo dice

Libia, l'Italia è già in guerra (ma Renzi non vuole dirlo)

Le forze speciali statunitensi hanno iniziato a sostenere direttamente i libici che combattono contro lo Stato islamico in Libia. Citando funzionari americani in condizioni di anonimato, il Washington Post rivela la presenza di un centro operativo congiunto nella periferia di Sirte. I soldati americani, però, non sono gli unici a operare boots on the ground. "La nostra Libia ha bisogno dell'aiuto internazionale nella battaglia contro l'Isis - ha chiesto oggi il premier libico Fayez al Serraj, dalle colonne del Corriere della Sera - l'Italia è tradizionalmente il nostro Paese amico, potete fare tanto". E, senza informare il parlamento, il premier Matteo Renzi avrebbe già iniziato a fare qualcosa. Il nostro esercito starebbe, infatti, già combattento al fianco dei soldati di Misurata.

La guerra per liberare la Libia dall'Isis

Dal primo agosto scorso il Pentagono ha annunciato di aver avviato una campagna aerea a Sirte in seguito ad una richiesta di aiuto da parte del governo libico di accordo nazionale. Secondo il Washington Post, le forze statunitensi stanno operando a fianco delle truppe britanniche, coordinando i raid aerei e fornendo servizi di intelligence ai partner. Il Pentagono non ha voluto commentare, ma ha già riconosciuto che piccoli gruppi di militari stanno aiutando a raccogliere informazioni in Libia. "Un piccolo numero di forze americane è andato in Libia per scambiare informazioni con le forze locali - si è limitata a dire la portavoce del Pentagono, Henrietta Levin - continueremo a farlo nell'ambito del rafforzamento contro lo Stato islamico e altre organizzazioni terroristiche". Sul campo, mentre i soldati di Misurata avanzano verso Sirte, ci sarebbero anche i soldati italiani. A raccontarlo a Repubblica sono i comandanti libici, ma il condizionale resta d'obbligo perché ufficialmente Renzi non ha mai detto nulla al parlamento. In teoria, l'Italia non sarebbe ancora entrata in guerra.

Il ruolo di Stati Uniti e Regno Unito

"Alle forze speciali italiane è stato dato ordine di sostenere sul campo i libici nello sminamento - si legge su Repubblica - i soldati italiani hanno portato a Misurata e Sirte gli equipaggiamenti per sminare, e stanno lavorando sul terreno con i libici". La notizia sarebbe stata confermata da un comandante che racconta come inglesi, americani e italiani "preferiscano lavorare in silenzio". Domenica scorsa, il settimanale britannico Sunday Times aveva rivelato la presenza di forze speciali Sas (Special Air Service) impegnate nei combattimenti a Sirte a fianco delle forze fedeli al governo di accordo nazionale, sostenuto dall'Onu, contro i jihadisti dello Stato islamico. I sudditi della regina starebbero peraltro cambiando le sorti del conflitto utilizzando un nuovo prototipo di arma noto come "il punitore". Si tratta di un lanciagranate statunitense XM25 dotato di telemetro laser che consente di sparare granate da 25 millimetri che esplodono a mezz'aria o in prossimità del bersaglio, fino a un chilometro di distanza. L'arma avrebbe dovuto essere commercializzata ufficialmente nel 2015, ma l'utilizzo su larga scala non è previsto prima del 2017. L'XM25 costa circa 50 mila dollari al pezzo e si dice che sia tre volte più efficace di un normale lanciagranate.

La presenza di soldati italiani

Che, invece, ci sia anche forze speciali italiane è una notizia che la Difesa e lo stesso Renzi non mai confermato. Secondo la ricostruzione di Repubblica, "gli uomini dell'Esercito sono stati schierati prima a Tripoli per creare un nucleo di sicurezza per gli agenti dell'Aise, i servizi segreti, durante le missioni più delicate. Poi le forze speciali sarebbero passate da Benina, la base aerea del generale Haftar nell'Est del paese. E infine sono arrivati a Misurata". Giusto oggi il premier libico Fayez al Serraj, in una intervista al Corriere della Sera, chiedeva all'Italia e a Renzi, che "sin dall'inizio ha sostenuto il nostro governo di unità nazionale", di fare di più per la Libia.

"L'Isis è un'organizzazione pericolosissima - ha detto - utilizzerà qualsiasi mezzo per inviare i suoi militanti in Italia e in Europa. Non sarei sorpreso di scoprire che i suoi uomini si nascondono sui barconi in viaggio verso le vostre coste".

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