Lingua, moneta e fuso orario: così la Russia "adotta" il Donbass

Il governo di Kiev da mesi ha perso l’autorità sulla regione e la Russia invia "aiuti umanitari" alla popolazione della Repubblica popolare di Donetsk

Lingua, moneta e fuso orario: così la Russia "adotta" il Donbass

Se prima si parlava poco del conflitto che sta insanguinando l’Ucraina orientale, ora se ne parla ancor meno. Nelle ultime settimane i media europei, di fatto, hanno abbondantemente acceso i riflettori sugli immigranti che come una fiumana umana stanno dilagando all’interno delle frontiere europee. Non va però dimenticato che anche all’interno dell’Europa orientale, nel Donbass, c’è una guerra che da oltre un anno ha creato una situazione d’emergenza. Dall’inizio del conflitto hanno lasciato il territorio dell’Ucraina per trovare rifugio nei centri di accoglienza temporanea in Russia oltre 730 mila profughi ucraini, soprattutto: donne, bambini e anziani. Riguardo a questa tragedia, il capo dell’amministrazione presidenziale della Federazione Russa Sergej Ivanov, già nel giugno dell’anno scorso, dopo essersi recato tra i campi profughi nella regione russa di Rostov, arrivò a definire la situazione in Ucraina come una guerra civile, trasformatasi in un genocidio contro il proprio popolo.

La Russia, però, non ha chiuso gli occhi, i profughi dell’Ucraina orientale non hanno nessuna colpa, anzi, dai russi sono considerati come un popolo fraterno, se non addirittura lo stesso popolo. Molti di questi rifugiati sono stati poi dislocati con programmi d’inserimento in altre regioni. Ho personalmente visitato i campi profughi nella città di Taganrog nella regione di Rostov. Davanti a questa catastrofe umanitaria stupisce però il silenzio dell’Europa e della sua presunta società civile. Dove sono finiti gli intellettuali, i politici, i pacifisti.. anche le varie Pussy Riot e Femen sempre pronte ai loro “vivaci” esordi (ovviamente solo a senso unico quando c’è da diffamare la Russia)? Tutti tacciono, questa catastrofe umanitaria, semplicemente, per l’Europa non esiste. I leader europei che negli ultimi tempi si sono lanciati in una corsa ad oltranza nel voler accogliere “senza se” e “senza ma”, tutti gli immigrati possibili e immaginabili vengono ora santificati come altruisti, benefattori dell’umanità. Al contrario, si dimentica che il presidente russo Vladimir Putin che oltre all’accoglienza dei profughi ucraini in Russia, da mesi ha disposto l’invio di numerosi convogli umanitari indispensabili per sostenere la popolazione delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk, viene discriminato e costantemente accusato di fomentare la guerra stessa nel Donbass.

Sul posto ho raccolto decine d’interviste di persone, soprattutto anziani impossibilitati a spostarsi, che davanti alle loro abitazioni distrutte affermavano che senza gli aiuti da parte della Russia sarebbero già morti di stenti, di freddo. Non solo viveri e medicinali, ma anche materiale edile per la ricostruzione delle case, vetro per sostituire le vetrate delle finestre frantumate dalle esplosioni. Il giorno 17 settembre a Makeevka, una città adiacente a Donetsk sono arrivati 40 mastodontici camion Kamaz, con 1200 tonnellate di carico. Gli automezzi che riportavano la scritta “aiuto umanitario dalla Federazione russa” sono stati spediti dal Ministero delle Situazioni d’Emergenza russo (MCS Rossii) come sostegno alla Repubblica Popolare di Donetsk. Di questi convogli ne arrivano uno o due ogni mese. Sono riuscito ad ottenere l’autorizzazione per entrare nel grande deposito, meta finale del lungo viaggio, dove ho potuto muovermi e filmare liberamente tutte le operazioni di scarico. Dai camion sono stati scaricati bancali di derrate alimentari e di testi scolastici. Dal primo di settembre, nel Donbass, come in tutta la Russia e in altre ex repubbliche sovietiche, sono iniziati i corsi. La lingua ufficiale nelle due Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk, ora non è più l’ucraino, ma il russo. Coerentemente per tutti i corsi di studio, dalle scuole elementari all’università, servono ora testi nuovi in lingua russa. Nonostante la guerra e la distruzione i giovani hanno il diritto all’istruzione. Al fine di garantire questo diritto la Russia sta fornendo loro mezzi adeguati per poter continuare e completare il proprio ciclo di studi. La risposta all’encomiabile sforzo russo, da parte di quei leader occidentali che ora ostentatamente recitano la loro commedia di contriti flagellanti davanti all’emergenza profughi in Europa, è sempre stata la stessa: colpire la Russia, colpirla con sanzioni, sempre più sanzioni. Sanzioni che sappiamo benissimo quanto male hanno già causato alla sofferente economia europea (in Italia il conto di queste sanzioni per il nostro sistema industriale diventa con il passare del tempo sempre più insopportabile). Nonostante il destino del Donbass rimanga una questione aperta, visto la guerra ancora in corso, l’orientamento generale è sempre più in direzione della Russia. Non solo è cambiata la lingua, il rublo russo, gradualmente ha già quasi sostituito la grivna ucraina, anche il fuso orario adottato ora è quello di Mosca.

Il governo di Kiev da mesi ha perso l’autorità sulla regione: le due Repubbliche Popolari stanno sempre di più acquisendo la fisionomia di entità politiche autonome dotate di propri governi, ministeri, strutture amministrative, soprattutto desiderose di lasciarsi il passato alle spalle per decidere autonomamente del proprio destino.

Eliseo Bertolasi, "analista geopolitico all’ISAG, corrispondente per Sputnik"

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