Quando a raccontare la realtà delle sofferenze dei cristiani in Siria e Iraq, della loro lotta imparti contro l'Isis, tutte le dichiarazioni "politically correct" verso l'islam "moderato" scompaiono. Sommerse dal grido di dolore che i due parroci, provenienti dalle città di Erbil e Aleppo, hanno portato al Meeting di Rimini.
Anche nell'uso delle parole, i due preti sono stati chiari: bisogna parlare di "genocidio" in Iraq e di "Apocalisse" in Siria. "Aiutate la mia gente - è l'appello di Douglas Al-Bazi, parroco ad Erbil in Iraq - Vi imploro: non chiamate quello che succede nel mio paese un conflitto, è un genocidio e il genocidio è in Siria. Credo che ci distruggeranno in Medio Oriente, ma credo anche che l'ultima parola sarà la nostra. E sarà 'Gesù ci ha salvati'".
Ma non solo. L'ammonizione dei due parroci è ai buonisti occidentali che distinguono inappropriatamente tra islam moderato e Isis: "Se qualcuno dice che l'Isis non rappresenta l'Islam ha torto - ha detto Al-Bazi - L'Isis rappresenta l'Islam al 100%. Forse qui ci possono essere musulmani simpatici e amici, ma lì sono degli assassini".
I due sono intervenuti all'incontro "Una ragione per vivere e per morire: martiti di oggi". Ibrahim Alsabgh, prete di una chiesa di Aleppo in Siria, ha raccontato il dramma della situazione siriana, le difficoltà nel portare avanti una vita "normale": "Quello che sta avvenendo in Siria - ha detto - è una vera e propria Apocalisse. Manca tutto ormai, anche l'acqua". Siamo nel caos - ha aggiunto Alsabagh- siamo nel disordine totale. Aleppo è divisa in decine di parti e ogni gruppo di jihadisti controlla una parte. Viviamo nel caos, con la mancanza di tutto, prima di ogni cosa della sicurezza. Ci sono bombardamenti che non risparmiano la gente nelle case, le moschee e le chiese, i bambini e gli anziani. Siamo sotto un bombardamento continuo". Poi ha spiegato come "è molto difficile mangiare carne, latte e c'è mancanza di medicine. Tanti medici hanno lasciato il paese e tanti ospedali sono rimasti senza medicine. C'è poi la mancanza dell'acqua in questi giorni, è una cosa micidiale".
Ma il grido di dolore di quei cristiani è rimasto inascoltato. Da tutti. Dall'Onu, dall'America, dall'Europa. E in parte anche da Papa, che non ha rifiutato ogni "intervento umanitario" altre volte spalleggiato dal Vaticano. Nella sua parrocchia in Siria, Alsabagh ha creato un oratorio estivo con centinaia di bambini di famiglie non solo cristiane. "La gente non ce la fa - ha detto - Quelli ricconi sono partiti dai primi due anni del conflitto. Sono rimasti con noi i più poveri. Perché allora un cristiano deve rimanere? Meglio scappare e buttarsi nel mare. Diversi sono i casi di cristiani che hanno lasciato il paese e lo lasceranno forse nel domani. Sembra che siamo nel libro dell'Apocalisse."
"I cristiani in medioriente - ha concluso Al-Bazi - sono l'unico
gruppo che ha visto il volto del male, l'Islam: aiutate la mia gente, salvate la mia gente. Sono un sacerdote e penso che mi ammazzeranno un giorno, ma mi preoccupo per i nostri figli". È l'Occidente che non preoccupa di loro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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