L'Ue si sfalda sul price cap ma ci raziona l'elettricità

L'Ue si sfalda sul price cap ma ci raziona l'elettricità

L'Unione europea perde l'ennesima occasione per dimostrare non solo un'unità di intenti in un momento particolarmente delicato sul fronte energetico, ma anche per dare un segnale alle imprese e ai cittadini alle prese con una crisi energetica causata anche da scelte politiche errate compiute da Bruxelles negli anni passati. Puntare il dito solo sulla guerra in Ucraina per la situazione che stiamo vivendo sarebbe una lettura parziale, che non aiuterebbe né a capire le cause profonde del problema né a trovare le necessarie soluzioni. La crisi energetica è scoppiata ben prima del febbraio 2022, già con la fine della pandemia a metà 2021, la ripresa economica e la crescita dei consumi: si è scontrata con un deficit di offerta e con l'aumento dei prezzi. Tale carenza di offerta è stata determinata dalle direttive di Bruxelles di non investire più sulle fonti fossili puntando solo sulle rinnovabili. Così, dopo aver causato parte del problema, l'Unione europea è ora incapace di trovare soluzioni per risolverlo e assistiamo da mesi a un valzer di annunci, proclami, senza che siano seguiti da misure concrete. Il caso del tetto al prezzo del gas è emblematico. Sebbene da mesi l'Italia e altre quindici nazioni europee sostengano la necessità di un price cap, a causa dell'opposizione della Germania insieme ad Austria, Olanda e ai paesi di Visegrad la misura non è ancora stata approvata. Ieri si è assistito all'ennesimo rinvio da parte della Commissione europea che ha invece aperto a un tetto di 180/200 euro al megawattora sull'energia prodotta dalle società energetiche attraverso il nucleare, il solare e l'eolico.

Tutto il fatturato oltre tale soglia, dovrebbe essere girato agli Stati membri. Il punto sul price cap sul gas non è solo l'utilità o meno della misura, quanto l'incapacità dell'Ue di riuscire a prendere una decisione anche in un momento di crisi. In questi mesi l'Unione europea ha dimostrato (per l'ennesima volta) tutta la propria lentezza burocratica nel rispondere a sfide che richiedono velocità e decisione di azione. Oltre al price cap, il Piano europeo per la riduzione dei consumi di energia elettrica e gas presenta una serie di criticità e risulta del tutto insufficiente per affrontare l'attuale situazione come scrive anche il Codacons, l'associazione dei consumatori. Si tratta di un piano eccessivamente sbilanciato sull'energia elettrica rispetto al gas e, «se anche le misure previste dall'Ue dovessero trovare attuazione, i risparmi sarebbero contenuti a fronte di sacrifici enormi per i cittadini». C'è poi un problema di privacy legato alle modalità con cui controllare i consumi dei cittadini e si tratta di un piano basato su imposizioni dall'alto che chiede (ancora una volta) sacrifici ma non risolve il problema a monte. Le misure previste del pacchetto energia che verrà presentato oggi da Ursula von der Leyen, oltre alla tassa sugli extra profitti per le imprese attive nei combustibili fossili e al tetto ai ricavi alle imprese energetiche che non usano gas, si basano soprattutto su obiettivi di risparmio energetico. La direzione pare essere quella di un taglio ai consumi obbligatorio del 5% nelle ore di punta per i cittadini e del 10% al mese per gli Stati membri che avranno «un margine di discrezionalità» sull'attuazione dei risparmi. Per gli italiani usare due elettrodomestici in contemporanea in alcune ore della giornata potrebbe diventare di fatto impossibile.

In parole povere, dopo mesi di discussioni, alle porte dell'autunno e con un inverno tra i più complessi degli ultimi decenni sul fronte energetico, l'unica vera risposta che l'Unione europea è stata in grado di dare è il razionamento dell'energia. Agli Stati membri, insomma, non resta che fare da sé con buona pace dell'unità europea.

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