Da Dusseldorf, Germania
Sven Lau abita in un appartamento alla periferia di Dusseldorf, nel cuore industriale della Germania. Qualche stanza che divide con la moglie, marocchina, e cinque figli.
L'intervista è fissata per lunedì mattina e riesco ad ottenerla solo dopo una trattativa lunga e difficile. Per arrivare a casa bisogna prendere un vecchio tram fino al capolinea e poi avventurarsi tra i quartieri popolari insinuati in un'ansa del Reno. Lau vive in un appartamento modesto ma ordinatissimo, arredato con teutonica precisione. Mi riceve in salotto, un divano e un tavolo oltre a un gigantesco televisore fissato al muro. Veste di nero e porta una lunga barba bruno-rossiccia, che accenna appena a muoversi mentre lui parla con voce calma.
Lau ha predisposto tutto per evitare ogni mio contatto col resto della famiglia: ogni volta che devo uscire dalla porta, lui controlla che moglie e figli siano ben chiusi nelle altre stanze. Nella sala dove parliamo non c'è un solo simbolo religioso. Indica l'ambiente accanto a noi e mormora: "Vede? Le sembra questa l'abitazione di un jihadista?"
Lei però è noto come un convertito all'islam radicale: com'è diventato musulmano?
"Avevo diciassette anni e uscivo con un ragazzo turco, che era sempre allegro e rideva sempre. Mi dava cibo e acqua, ma questo in Germania non è normale fra sconosciuti. Mi chiedevo come mai fosse così felice e lo chiesi anche a lui. Mi disse che la vita era una prova dopo cui c'era l'inferno o il paradiso. Io non capivo perché fossimo su questa terra, me ne domandavo il significato. Lessi la Bibbia e mi domandavo perché fosse così simile al Corano: parlava anche di Maometto, l'ultimo messaggero, e di tutti i profeti... ho accettato l'islam e mi sono convertito."
Ma lei non è un musulmano qualunque.
"I non musulmani pensano che non lo sia, ma io sono un musulmano qualunque. Faccio ciò che dovrebbe fare ogni musulmano. Ho la barba…. Ma non è questo il punto. Voglio il meglio per gli altri come lo voglio per me. Voglio andare in paradiso, ma voglio che anche tu ci vada. Per questo chiamo le persone verso l'islam."
Ma allora perché sei diventato proprio un predicatore?
"Sai, prima facevo il pompiere a Moenchengladbach. Ho dovuto fare una scelta. Per lavorare come pompiere non potevo portare la barba, per via del casco. Volevo vivere pienamente la religione, all'interno come all'esterno. Ho imparato l'arabo, sono andato a un corso di due anni in Egitto, ho studiato l'islam due anni in Belgio. Dopodiché sono stato capo della moschea di Moenchengladbach per due anni, rivolgendomi ai non musulmani. Voglio portare alle persone il messaggio dell'islam ai non musulmani o ai musulmani “deboli”. Questa è il mio primo compito: la Germania è un Paese non islamico, non siamo la maggioranza."
In Germania quest'anno sono arrivati centinaia di migliaia di migranti, la gran parte musulmani. Cosa è cambiato?
"Le moschee sono più piene, si fatica a trovare posto e gli islamici devono pregare fuori, sulla strada. Tutto qui"
Alcuni pretendono dai rifugiati un'integrazione che prevede l'assimilazione ai valori tradizionali tedeschi. Come vi regolate voi, che proponete invece i valori della religione?
"Non cambieranno mai la religione, che è radicata nel cuore. Gli islamici devono seguire la legge e parlare tedesco, tutto il resto attiene alla sfera delle scelte personali. Siamo in democrazia: non posso imporre a qualcuno di fare qualcosa."
La democrazia è il sistema di governo migliore?
"Il sistema di governo migliore è la legge di Dio. Ma la democrazia permette alle persone di fare ciò che amano di più."
E cosa dice delle richieste di giuramento di fedeltà allo Stato richieste agli islamici da alcune forze politiche?
"Ciò che portiamo nel cuore non è ciò che giuriamo. All'esterno posso dire qualcosa e all'interno pensare altro."
Questo però non è accettato
"Non è accettato ma noi non abbiamo scelta. Due anni fa ci hanno dato una carta d'identità speciale per noi salafiti. Ma non è giusto, è quello che facevano con gli ebrei: dare loro dei documenti speciali."
Ma cosa c'è di diverso, nel salafismo, rispetto al resto dell'islam?
"Noi seguiamo Salaf, il profeta Maometto e i suoi seguaci. Vogliamo imitare la vita dei primi musulmani."
Ma chi non è un salafita non è un vero musulmano?
"Non esistono veri musulmani, mezzi musulmani… Mia moglie ha una sorella indonesiana che non porta il velo, ma questo non significa che non sia una brava musulmana. Tutti i musulmani devono seguire l'esempio di Maometto."
Ma perché allora i Salafiti sono così odiati? Il governo mette in guardia la popolazione contro di voi, lei è stato descritto come "Nemico pubblico numero Uno".
"Sì, hanno parlato contro di me, Pierre Vogel e Lies (l'organizzazione che distribuisce il Corano per la strada, ndr). Non è che siccome lo dice il governo è giusto. Io sono tedesco, musulmano e libero. La cattiva pubblicità è cattiva, ma è sempre pubblicità: il mio nome gira. Ci chiamano terroristi…"
Perché?
"Guardi, io vivo normalmente, ho una famiglia….come Pierre Vogel, Ibrahim Abou-Nagie. Non vogliono che i musulmani diventino troppo potenti: ogni anno cresciamo e persone come me danno motivazioni ai nuovi musulmani. Prego cinque volte al giorno, faccio il Ramadan e spiego ai miei vicini cosa sia l'islam… Molte persone lo fanno, ora. E il numero di musulmani cresce"
Una delle accuse che vi vengono rivolte più spesso è quella di riconoscere solo la sharia e non la legge tedesca
"La sharia in gran parte è già qui. Io prego cinque volte al giorno, ed è sharia. Sono buono con i miei vicini, ed è sharia. Non posso andare da un ladro e punirlo: questo non accade, in Germania."
Ma allora la società occidentale perché non accetta la sharia?
"Per via della poligamia e di alcune punizioni."
Credi di poter rinunciare a queste ultime cose?
"Sì, non ho problemi. La maggior parte della legge tedesca non va contro la sharia. Il mio obiettivo non è stabilire la sharia qui, ma di portare l'islam ai non musulmani. E se qualcuno a cui ho parlato dell'islam lo rifiuta, non importa. Io ho portato il mio messaggio e sono felice."
Eppure avete fondato una ronda chiamata "polizia della sharia"...
"Anche nell'islam io non sono un poliziotto, si figuri nel sistema tedesco. All'inizio andavamo fuori dai club, dalle discoteche a parlare con i musulmani “deboli” invitandoli nelle moschee. Ma tutto molto cortesemente, anche perché la maggior parte sono ubriachi. La parola polizia? Arrivò dopo che a un ragazzo venne l'idea di chiamare questo gruppo “sharia police”, su Internet. Da allora sono venute le divise e dopo un'ora che le abbiamo indossate è arrivata la polizia. Comunque abbiamo usato l'inglese “police” e non il tedesco “polizei”. Era una provocazione."
A che pro?
"Per fare capire che la sharia non è solo tagliare le mani e le teste. Il nostro video è stato visto da moltissime persone. Dopo questa azione abbiamo avuto un sacco di visibilità. Tutta la pubblicità è benvenuta, anche quella cattiva. Quando non sei famoso e fai un buon lavoro, nessuno si interessa a te."
Ma dopo Parigi le cose sono cambiate?
"La tv parla di terrorismo dalla mattina alla sera…"
Troppo?
"Sì. Ciò che è successo a Parigi è un male, ma con tutto quest'eccesso di informazioni la gente finirà per pensare che tutti i musulmani sono terroristi. E io vengo minacciato su Internet."
Di chi la colpa degli attentati?
"Queste persone passavano il tempo giocando ad ammazzare le persone alla PlayStation e ci hanno messo insieme l'islam. Ma la religione è un'altra cosa, non si può interpretarla a proprio modo. Sono persone che interpretano la religione a modo proprio."
I vignettisti di Charlie Hebdo invece andavano puniti?
"Io non dico a nessun musulmano di andare a fare una strage. Era meglio che non facessero quelle vignette: sarebbe meglio che la legge lo proibisse. Si è trattato di una provocazione contro i musulmani. I musulmani poi non avrebbero dovuto fare ciò che hanno fatto."
Un giorno che i musulmani diventassero maggioranza, bisognerà cambiare la legge?
"Quando saremo la maggioranza, nessuno si comporterà come i vignettisti di Charlie. Dopodiché io non sono un avvocato e preferirei risolvere i problemi senza violenza."
E in Siria cosa è andato a fare?
"Sono stato tre volte in Siria, ma solo per consegnare aiuti umanitari. L'ultima volta è stata a ottobre 2013. Certo cinque o sei persone che conosco sono andate in Siria a combattere, ma sono solo cinque o sei su diverse migliaia."
Che pensi di chi parte per combattere?
"All'inizio ero favorevole, era chiaramente Assad contro i musulmani. Ora non faccio differenze, tutti combattono contro tutti, come nel wrestling. Persino i musulmani si combattono tra loro: ma sono pazzi, io non potrei mai approvarlo. Io da qui non posso sapere che succede dei ragazzi partiti per la Siria, ma di certo non li approvo."
Ma è giusto combattere l'Isis? La Merkel ha fatto bene a inviare i tornado?
"Non so quale sia la soluzione migliore. Non sono un generale né un politico, non posso dire cosa sia meglio. Per me i bombardamenti non sono la soluzione.
Ora dicono di voler aiutare la Siria. Ma perché non aiutano l'Africa? Perché non aiutano altri Paesi? Ci sono dietro degli interessi… e moltissime bugie."
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