Negli ultimi giorni, le sono stati dati riconoscimenti importanti. È una donna, è filippina ed è una giornalista. Si chiama Maria Ressa e negli Stati Uniti hanno riconosciuto le sue battaglie contro i bavagli alla stampa. Nel suo Paese. Dove lei vive da sempre.
La creazione di "Rappler"
Secondo quanto riportato da Repubblica, Ressa si trova, da anni, in bilico tra rischi di condanne giudiziarie e minacce di morte da parte del suo governo. Ha studiato in America e in Asia è ritornata come reporter specializzata in terrorismo a capo delle redazioni di Cnn di Giakarta e di Manila. Sei anni fa, insieme a un gruppo di altri colleghi, Ressa ha fondato il sito di news Rappler. Che ha raccontato una delle piaghe del paese: gli abusi della polizia nella campagna antidrogra che ha fatto, dal 2016, circa 8mila morti. La giornalista è spesso osteggiata dal presidente Rodrigo Duterte. Temuto dalla popolazione e sfidato, più volte, da lei.
Il bavaglio di Duterte
Duterte ha dimostrato, infatti, nel tempo, di non amare la creatura giornalistica di Ressa. Che conta diversi redatori. Gli uomini del presidente, in passato, avevano già tentato di togliere la licenza a diversi network di informazione. Come ABS-CBN. Ma gli attacchi di Rappler all’esecutivo del “presidente-giustiziere” non sono mai limitati agli eccessi della polizia. I giornalisti, infatti, hanno denunciato più volte casi di sfruttamento dei lavoratori da parte di un potente uomo d’affari vicino al presidente. Che sta cercando, con tutti i mezzi a sua disposizione, di far chiudere il giornale. E portare la reporter a giudizio.
Le minacce di morte
Ressa ha ricevuto circa 90 minacce di morte al giorno. Ma non si è mai fermata. E a Repubblica aveva detto: "Qualsiasi giornalista che ponga domande critiche, chiunque si interroghi in merito alle uccisioni extragiudiziali è stato bombardato di abusi. Io e altre colleghe abbiamo ricevuto minacce di violenza e stupro o mesaggi di morte, moltiplicati con falsi account Facebook". La giornalista ha fatto sapere che, in 38 anni di carriera, non aveva mai visto una violenza simile nelle Filippine. Nel luglio dello scorso anno Duterte utilizzò buona parte del suo primo discorso alla Nazione da capo di Stato per dire che Rappler era "finanziato dagli americani" per attaccare lui e la sua amministrazione. Alla Casa Bianca allora c’era ancora Obama ma l’opinione verso la rivista non è cambiata con il cambio di poteri a Washington.
Le minacce "giudiziarie"
Il governo guidato da Duterte, negli ultimi mesi, ha avviato indagini finanziarie sul lavoro giornalistico della testata.
Prima è stata aperta un’inchiesta sulla struttura proprietaria di Rappler, che ha portato alla revoca della licenza di pubblicazione. Poi è stata la volta di un’istruttoria su 2 milioni e mezzo di dollari di tasse non pagate, almeno secondo il fisco. Accuse considerate totalmente false da Maria Ressa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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