La miopia dei media Usa e la lungimiranza di Putin

Il Washington Post accusa il leader russo di agire di impulso e di non avere progetti per il futuro. Ma non si accorge del nuovo ruolo della Russia nel mondo

La miopia dei media Usa e la lungimiranza di Putin

Proprio mentre Putin inizia a bombardare lo Stato islamico, il Washington Post accusa il leader russo di non aver lungimiranza politica e di non riuscire a risolvere le crisi mondiali. Per il quotidiano americano, l’attivismo messo in atto in questi giorni dal presidente russo potrebbe essere solo un azzardo, il cogliere al volo la possibilità di usare la diplomazia o la forza ogni volta che se ne presenta l'occasione: "Per citare Napoleone, 'ingaggiamo il nemico, poi si vedrà'. Sembra che sia in corso un poco di improvvisazione". Questa l'opinione del Washington Post.

La realtà, però, è ben diversa. Putin, infatti, nel suo discorso all'Onu (qui la versione in italiano), ha dimostrato di avere le idee parecchio chiare non solo sul ruolo della Russia in Medio Oriente, ma anche sul ruolo di Russia e Usa nello scenario mondiale. Putin ha riconosciuto come l'ascesa dello Stato islamico sia stata resa possibile grazie all'invasione dell'Iraq del 2003 e all'annientamento del regime di Gheddafi. Fatti incontrovertibili: laddove è stato abbattutto un regime, più o meno dittatoriale e più o meno laico, è stato sostituito da gruppi estremisti.

Nel suo discorso Putin ha messo in guardia l'Occidente: non si può più contare sui ribelli moderati che, una volta addestrati dai Paesi occidentali, passano con armi e mezzi militari al fianco dei jihadisti. Siano essi di Al Nusra o dell'Isis. Questa politica (fallimentare) è stata portata avanti a lungo dall'America, tanto che recentemente anche l'ex direttore della Cia David Petraeus ha proposto di addestrare i qaedisti di Al Nusra contro lo Stato islamico. A che pro, però, addestrare forze estremiste che, prima o poi, ti si ritorcono contro? Il piano di Putin si allontana da quello americano. Più che ad addestrare forze alternative ai governi legittimi, il leader russo punta a fornire elementi di intelligence militare e armi a Siria e Iraq per combattere i gruppi terroristici che rappresentano un pericolo non solo per l'Occidente, ma anche per l'islam stesso.

Secondo il Washington Post, il piano di Putin non può avere ampio respiro a causa della limitata capacità di Mosca di influenzare la situazione caotica in cui si trova il Medio Oriente. La Russia di Putin sa che, ormai, lo scenario mondiale non è più monopolare, ma multipolare. Ed è per questo che il leader russo ha proposto di creare una vasta coalizione anti-Isis che possa comprendere tutte quelle forze che reputano gli jihadisti dello Stato islamico il pericolo numero 1.

E ancora: Emile Hokayem, dell’Institute for strategic studies di Londra, è convinta del fatto che "esageriamo l’influenza che la Russia ha sul regime di Assad". Altra imprecisione. Come ha dichiarato il ministro degli esteri russo Lavrov, "la Russia ha risposto ad una richiesta di sostegno armato da parte della Siria che prevede esclusivamente attacchi aerei contro le postazioni dell’Isis". È stato quindi Assad stesso a chiedere l'intervento di Putin. Di più: vi ricordate l'accusa degli Usa del 2013 contro il governo di Damasco? "Assad possiede le armi chimiche", dicevano i media e le amministrazioni di mezzo mondo. In quell'occasione fu Putin a consigliare al leader siriano di giocare d'anticipo e di firmare un accordo per la messa sotto controllo internazionale delle armi chimiche. L'ambasciatore siriano in Russia commentava così la decisione del governo di Damasco: "Abbiamo accettato l'iniziativa russa nella sua totalità. È una iniziativa eccellente, ma è necessario intendersi su più dettagli".

La politica americana teme il sorpasso di Putin nello scacchiere mediorientale (in particolare) e nello scenario mondiale (in generale).

Il discorso di ieri del leader russo all'Onu ha segnato la fine di un'era - quella del mondo monopolare a guida americana - e l'inizio di un'altra: quella delle grandi cooperazioni internazionali. Riusciranno i media e la politica Usa a capirlo?

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