Gli analisti hanno notato come i terroristi islamici utilizzino la rotta balcanica per raggiungere il cuore dell’Europa. L’Italia ha degli uomini schierati in Kossovo. Qual è il loro ruolo nella lotta al terrorismo?
Quello dell’attuale terrorismo di matrice religiosa è un fenomeno estremamente complesso e di natura globale, tant’è che - al momento - nessuna nazione può considerarsi totalmente immune da esso. Le Istituzioni del Kosovo stanno affrontando tale problematica in maniera determinata. Ad esempio, in febbraio, il Parlamento ha emanato una specifica legge mirata a punire col carcere coloro i quali decidono di arruolarsi quali “foreign fighters” per andare a combattere in altri Paesi. Inoltre, la locale forza di polizia (Kosovo Police) ha condotto talune operazioni (alcune di esse congiuntamente alle forze di polizia italiane) col fine di prevenire questo tipo di attività. Il fenomeno dei “foreign fighters”, soprattutto quando questi tornano nei Paesi d’origine, interessa ogni nazione europea, sebbene in maniera differente. È noto che le organizzazioni terroristiche, di solito, arruolano i loro seguaci dove vi sono particolari condizioni socio-economiche quali, ad esempio, povertà, marginalizzazione e mancanza, soprattutto per i giovani, di valide prospettive professionali. L’intera regione Balcanica, con un recente passato ancora segnato dalla guerra e da violenze che ne hanno lacerato il tessuto sociale, soffre di questo tipo di problematiche e, di fatto, è uno dei maggiori bacini di reclutamento dei “foreign fighters”. Pensiamo che le Istituzioni del Kosovo siano comunque fermamente e fortemente determinate nel combattere il terrorismo e numerose azioni lo hanno dimostrato. Il mandato di KFOR non contempla la condotta di azioni anti-terrorismo, per quanto KFOR sia consapevole e vigile in merito a questa minaccia. KFOR, per parte sua, è comunque ben preparata ad affrontare qualsiasi sfida ed è pronta a reagire a qualsiasi minaccia. Ad ogni modo, la presenza della NATO in Kosovo ha una indiretta, ma efficace, funzione di “antiterrorismo”.
Quanti uomini sono impiegati?
Il contingente KFOR, che consta attualmente di circa 5000 militari (di cui 550 militari italiani delle Forze Armate e dell’Arma dei Carabinieri) appartenenti a 31 nazioni, in aderenza al mandato e alla risoluzione ONU n. 1244, rappresenta il terzo attore responsabile della sicurezza in Kosovo. KFOR, se necessario, è pronta ad intervenire per ripristinare la libertà di movimento e per garantire un ambiente sicuro su tutto il territorio del Kosovo a tutti i suoi cittadini. KFOR svolge il proprio mandato mediante l’impiego di diverse unità, alcune delle quali più operative (quali ad esempio i due “Battle Group”) ed altre più mirate a mantenere, in tutto il Kosovo, costanti relazioni, basate su reciproca conoscenza e fiducia, con la popolazione, le autorità locali, le diverse comunità etniche e le organizzazioni internazionali presenti nella propria area di responsabilità. Con questo tipo di azione diviene possibile monitorare le dinamiche politiche, socio-economiche che hanno importanti ripercussioni sulla sicurezza, fornendo in tal modo al Comando della missione KFOR un aggiornato e dettagliato quadro d’insieme delle dinamiche interne del Kosovo.
All’interno del Kosovo esistono vere e proprie enclave islamiste.
Vengono monitorate? Se sì, come?Come già detto, la Kosovo Force non è preposta a questo tipo di attività. Questo tipo di azioni sono condotte da specifici organi di polizia e di intelligence delle Istituzioni del Kosovo.
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