Non si tratta di una delle tante serie tv distopiche, ma di una storia vera, un caso che sta impegnando medici e scienziati in Svezia. Parliamo di una misteriosa malattia dal nome impronunciabile: uppgivenhetssyndrom che, tradotto nella nostra lingua, potrebbe significare "sindrome da rassegnazione". Ad essere colpiti sono decine di bambini siriani, figli di famiglie richiedenti asilo che si sono viste respingere la richiesta. Sono in tutto 169, come riporta The Daily mail, i piccoli che si sono improvvisamente addormentati, finendo in coma profondo. Vivono tutti in una piccola area geografica e nel corso degli ultimi dieci anni hanno chiuso gli occhi senza più risvegliarsi.
I medici svedesi ne hanno raccontato i sintomi. I bambini, a un certo punto e senza alcuna causa rilevabile, diventato totalmente passivi, immobili, fiacchi, schivi, taciturni, incapaci di mangiare e bere, incontinenti e privi di reazioni dinanzi a stimoli fisici o al dolore. Questi piccoli pazienti vengono chiamati “bambini apatici”. Nei casi più gravi alcuni di loro cadono in coma, anche per molti mesi. La cosa misteriosa è che i minorenni colpiti dalla sindrome da rassegnazione sono tutti figli di rifugiati siriani in Svezia, a cui lo Stato ha revocato o sta per revocare il permesso di soggiorno.
Eppure i medici, dopo averli visitati, non hanno trovato disfunzioni che potessero spiegare il loro sonno. Un’enigma che ha provato a indagare la scrittrice scientifica e neurologa Suzanne O'Sullivan, che su questa e altre storie ha scritto un libro dal titolo The Sleeping Beauties. Secondo la neurologa si tratterebbe di una probabile forma di psicogenesi culturale. Un’alterazione delle funzioni psichiche dalle conseguenze profonde, che si presenta seguendo un effetto domino: più casi si presentano e vengono curati, più è facile che se ne sviluppino altri.
I piccoli colpiti da sindrome da rassegnazione sono quindi bambini che crollano sotto il peso di una fatica psicologica eccessiva lunga anni e che sembra non avere mai fine. E di una vita che non trova mai casa. I soggetti più vulnerabili, quindi, sono quelli che sono stati testimoni di episodi di violenza estrema diretta contro i membri della propria famiglia o che hanno vissuto in un ambiente particolarmente insicuro. Questo dettaglio dovrebbe quindi aiutare a capire perché ad essere interessati da questo problema sono prettamente figli di rifugiati.
Gli scienziati sono al lavoro, ma dare una giusta risposta a questi casi resterà tuttavia impossibile, fino a quando non si avranno maggiori informazioni sulle sue cause e sulla relazione tra eventi traumatici passati e recenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.