Italia e Francia si contendono l'influenza sulla Libia. Una partita difficile, a tratti impossibile,m ma che Parigi e Roma stanno giocando senza esclusione di colpi- La Francia ha tentato di scalzarci completamente dal territorio libico. Ci ha provato con l'operazione per far cadere Muhammar Gheddafi e rompere tutti gli accordi che legavano a doppio filo noi con i libici. E ci sta provando adesso con Emmanuel Macron che sta facendo il possibile per avere la leadership della nuova Libia.
Operazione che il governo italiano sta cercando in tutti i modi di contrastare. E l'Italia si sta comportando bene. Il governo di Giuseppe Conte ha alleati potenti al di fuori dell'Europa, soprattutto negli Stati Uniti, e l'astro politico del presidente francese è in declino. Un'ottima convergenza che ci sta aiutando a guadagnare il terreno perso dopo anni di incertezze. E il 30, il premier sarà da Donald Trump per discutere anche di Mediterraneo.
I viaggi di Matteo Salvini, Enzo Moavero ed Elisabetta Trenta hanno fatto capire che l'esecutivo composto da Lega e Movimento Cinque Stelle non vuole e non può abbandonare la Libia al suo destino. In quel Paese ci giochiamo una buona fetta dei nostri interessi mediterranei. Dall'energia ai migranti, dalla nostra politica nordafricana alla sicurezza e all'antiterrorismo, la Libia è un crocevia storico di interessi che l'Italia deve tutelare. E questo comporta che tra Parigi e Roma lo scontro sia inevitabile.
L'oggetto principale dello scontro, in queste settimane, è rappresentato dalle elezioni. Macron ha inviato il suo ministro degli Esteri Jean Yves Le Drian in Libia per convincere i suoi vertici politici, tra Tripoli, Misurata e Tobruk, che il Paese è pronto per le elezioni. Un piano annunciato già durante il vertice di Parigi che vide per la prima volta uniti Khalifa Haftar e Fayez Al Sarraj. La Francia vuole il voto per due motivi. Il primo è mostrarsi una potenza in grado di garantire la democrazia nei Paesi dove contribuisce il rovesciamento dei dittatori. La seconda, ottenere ancora più influenza attraverso i politici eletti.
Il piano dell'Italia sulle elezioni
L'Italia, invece, ritiene l'idea delle elezioni assolutamente inconsistente. Senza la stabilizzazione del Paese, come ha ribadito il ministro Trenta a Tripoli, è inutile pensare a un voto democratico. Una visione non solo realista, ma assolutamente coerente con la nostra politica. Ed è un'idea che sembra trovare piede anche a Tripoli e in altre aree del Paese. Perché l'Italia, in questi mesi, sta giocando molto bene le sue carte. E in Francia, sono in parecchi a temere che Roma stia riprendendo il controllo della Libia dopo anni di "protettorato" parigino.
I tre ministri hanno mandato un messaggio chiaro a Tripoli e agli altri interlocutori libici. Il governo Conte è disposto a sostenere il Paese nella stabilizzazione, che deve essere il primo tassello per arrivare alle elezioni, non il contrario. Roma riconosce Sarraj, ma ha deciso, nello stesso tempo, di aprire i canali diplomatici con Haftar, l'uomo forte della Cirenaica. E sembra che anche il generale voglia iniziare a parlare direttamente con gli italiani. Perché adesso, il governo Conte ha amici dove li ha lo stesso Haftar, sia a Washington che a Mosca. E il viaggio di Salvini in Egitto può essere stato molto utile in tal senso.
L'investimento di Macron nelle elezioni entro dicembre potrebbe essere un buco nell'acqua. La Libia è un Paese troppo complesso e disarticolato per prevedere che entro pochi mesi il popolo vada a votare in elezioni regolari.
Per questo motivo, i leader libici, sia Sarraj che Haftar, stanno riprendendo in considerazione le posizioni italiane. Noi garantiamo non solo interessi, ma anche una visione strategica più chiara. E questo, insieme ai canali diplomatici, può aiutarci tantissimo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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