La nave turca, le trattative e il referendum: così si decide il destino di Mariupol

L'esercito russo sta preparando un referendum per sancire l'annessione di Mariupol alla Russia. La Turchia ha offerto una nave per far uscire dall'acciaieria di Azovstal tutti i feriti

La nave turca, le trattative e il referendum: così si decide il destino di Mariupol

Nelle ultime ore sta lentamente prendendo forma il destino di Mariupol. L’esercito russo ha preso il controllo della città costiera ma i combattenti ucraini, asserragliati presso l’acciaieria Azovstal, l’ultimo baluardo di Kiev, non hanno alcuna intenzione di arrendersi. Molti di loro sono feriti e allo stremo delle forze.

La situazione nell’acciaieria

I militari ucraini che resistono ad Azovstal hanno denunciato che i russi continuano ad attaccare l'impianto siderurgico con ogni mezzo, anche con delle sortite con la fanteria. Nel frattempo sono in corso trattative per l'evacuazione di almeno 60 persone, i feriti più gravi ed i medici. Perché Mosca - sostiene il governo di Kiev - non accetta l'evacuazione totale.

Sarebbero seicento, invece, i feriti complessivi intrappolati nell’acciaieria. Lo riferisce The Kyiv Independent, citando un agente della polizia locale, asserragliato a difesa dello stabilimento. "I soldati feriti senza arti giacciono uno accanto all'altro, in condizioni non igieniche, tra mosche, suoni di dolore e cattivi odori", ha detto, parlando di situazioni "semplicemente terribili". L'agente ha sottolineato che i combattenti feriti "non hanno medicine e la sala operatoria è costituita solo da un tavolo contro un muro, su cui i soldati vengono operati senza anestesia".

La mediazione turca

È qui che spunta fuori la Turchia. Ankara, che da giorni si dice stia continuando a tentare una mediazione, avrebbe offerto una nave per far uscire tutte le persone rimaste all’interno della struttura – militari inclusi – e condurle ad Istanbul. Lo ha reso noto il portavoce del presidente Recep Tayyip Erdogan, Ibrahim Kalin, in un'intervista rilasciata alla Reuters, secondo quanto riporta l'agenzia Tass.

"Il nostro piano prevede che le persone evacuate dall'acciaieria siano portate via terra al porto di Berdyansk, che come Mariupol si trova sul Mar d'Azov, e che una nave turca li conduca a Istanbul", ha detto. "Se si può fare in questo modo, la nostra nave è pronta per partire e portare i soldati feriti e altri civili in Turchia".

Intanto le mogli dei combattenti di Azovstal, dopo la visita al Papa e l'appello al leader turco Erdogan, si sono rivolte anche al presidente cinese Xi Jinping perché le aiuti a farli uscire in sicurezza dall'acciaieria.

Il referendum e il fronte meridionale

Al di là dell’acciaieria Azovstal, la missione di Mosca in Ucraina va avanti. Petro Andryushchenko, un collaboratore di Vadim Boychenko, sindaco in esilio della città sul Mare d'Azov, ha dichiarato all’Observer che l’esercito russo starebbe preparando un referendum per sancire ufficialmente l’annessione di Mariupol alla Russia.

Ricordiamo che quel che resta di Mariupol, devastata da settimane di bombardamenti, è controllata in larga parte dalle forze russe. Ebbene, secondo Andryushchenko, l'annuncio del referendum potrebbe arrivare già nelle prossime ore, sebbene non ci siano ancora notizie sull'allestimento di cabine elettorali. "Abbiamo alcune informazioni sulle autorità russe che starebbero preparando un referendum e potrebbero addirittura indirlo domani (oggi ndr) ma non sappiamo ancora se è vero", ha detto Andryushchenko, "ma vediamo parecchia integrazione di Mariupol nel sistema russo, il sistema scolastico, il sistema bancario".

Il fronte meridionale continua comunque a restare caldissimo. La guerra, infatti, non si ferma neanche nella zona di Odessa, intorno all'Isola dei Serpenti.

Secondo il governatore Serhiy Bratchuk, il comando russo della flotta sta cercando di schierare i sistemi di difesa aerea sull'isola per stabilire il controllo sulle rotte commerciali nella parte nord-occidentale del Mar Nero e per trasferire i gruppi anfibi in Transnistria: una testa di ponte, in vista di un possibile allargamento del conflitto ancora più a ovest, verso la Moldavia.

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