"Non c'erano prove su Zaghba". E il jihadista fa subito liberato

Il fermo all'aeroporto di Bologna, la mancanza di prove, la segnalazione ai servizi inglesi e le falle nella sicurezza. Così Youssef Zaghba è stato in grado di colpire

"Non c'erano prove su Zaghba". E il jihadista fa subito liberato

Quando fu fermato all'operatore che lo controllò, disse che voleva fare il terrorista. Poi si corresse. Gli fu sequestrato l'apparecchio, ma non c'erano, secondo il tribunale del riesame, i presupposti per ravvisare la sussistenza di un reato e quindi ne fu ordinata la restituzione e gli inquirenti non hanno potuto esaminare integralmente il contenuto di questo apparecchio informatico. Ai microfoni di Radio 24 il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, i particolare più inquietanti del fermo di Youssef Zaghba, il terzo attentatore ucciso a Londra sabato scorso. "Quindi - chiosa il procuratore - fu segnalato a Londra come possibile sospetto".

Alla fine il primo ministro inglese Theresa May ha ammesso gli errori dell'intelligence inglese. E dopo le imbarazzanti verità sui terroristi Khuram Shazad Butt e l'italo-marocchino Youssef Zaghba, entrambi noti agli 007 ma mai sottoposti a sorveglianza, ha promesso un riesame dell'operato dei servizi britannici. Le rivelazioni sul terzo attentatore gettano, infatti, discredito su quei servizi che dovrebbero invece difendersi. Youssef Zaghba è nato a Fez nel gennaio 1995 da padre marocchino e madre italiana ed è stato fermato all'aeroporto di Bologna nel marzo 2016 mentre cercava di prendere un volo per la Turchia e poi raggiungere la Siria. Come spiega Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, "l'intelligence italiana aveva segnalato la sua presenza e i suoi frequenti spostamenti sia alle autorità marocchine sia a quelle britanniche". Ma nessuno lo ha fermato prima che colpisse sul London Bridge.

I genitori di Zaghba avevano vissuto per un periodo insieme in Marocco. Quando si sono separati, la madre, che nel frattempo si era convertita all'islam, è rientrata in Italia e si è stabilita in provincia di Bologna. Il figlio è venuto più volte a trovarla. "In un anno e mezzo - assicura il procuratore di Bologna - è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna". Nel marzo 2016, dopo il fermo, è stato denunciato per terrorismo internazionale. Da quell'accusa è stato poi prosciolto ma l'Italia l'aveva comunque inserito come sospetto foreign fighter negli archivi internazionali. "Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare - rassicura Amato - ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista, era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento".

All'aeroporto Marconi di Bologna era stato sequestrato a Zaghba un apparecchio informatico. Agli inquirenti, però, non è stato possibile svolgere verifiche approfondite perché il tribunale del Riesame ne aveva disposto la successiva restituzione.

"Quindi - spiega il procuratore di Bologna - fu segnalato a Londra come possibile sospetto". Segnalazione che i servizi segreti inglesi non hanno mai preso in consideazione. Tanto che Zaghba, Butt e Rashid Redouane hanno potuto ammazzare altri innocenti in nome di Allah e dello Stato islamico.

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