La Gran Bretagna di David Cameron fa scuola in Europa e fa tremare i piani alti dei palazzi dell'Unione Europea. Perché il referendum con cui i cittadini del Regno Unito e dell'Irlanda del Nord decideranno sulla permanenza o meno nell'Unione è un'idea che inizia a solleticare più di un governo.
A dieci anni di distanza dalle sonore bocciature con cui Francia e Paesi Bassi bocciarono i più importanti tentativi di realizzare l'unione politica, le istituzioni di Bruxelles si preparano ad affrontare altre prove. Che rischiano di trasformarsi in altrettante forche caudine. L'anglosassone (ed euroscettico) The Telegraph elenca i Paesi in cui più forti sono le spinte euroscettiche. E, a sorpresa, non fa riferimento ai soliti noti Farage, Orbàn e Salvini.
In Danimarca, per esempio, in dicembre si terrà un referendum sull'adozione del sistema giudiziario europeo: sembrerebbe una questione tecnica, ma la pressione politica dell'opposizione di destra al governo progressista di Helle Thorning-Schimdt è riuscita a trasformarlo in un voto pro/contro Bruxelles. E già il Partito del popolo danese, primo alle elezioni di giugno, ha ammesso esplicitamente di guardare con interesse al referendum britannico del 2016.
Nei Paesi Bassi, dove spopola il partito delle libertà dell'euroscettico Geert Wilders, più di trecentomila firme sono state raccolte contro la sottoscrizione - che verrà sottoposta a referendum popolare - dell'accordo di associazione tra Ue e Ucraina. Fra i promotori della petizione il referendum che si terrà oltre la Manica riscuote sempre più apprezzamenti.
In Polonia l'ingresso nell'euro, che fino a qualche anno fa era atteso con impazienza, verrà sottoposto a un voto popolare il
cui esito è più incerto che mai. In Finlandia, in Austria, in Francia i partiti euroscettici continuano a crescere a proporre altrettanti referenda. A Bruxelles tremano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.