Ora anche la lotta ai cambiamenti climatici diventa "femminista"

"Le donne colpite in maniera sproporzionata dai cambiamenti climatici". Ora anche il clima diventa una questione di genere, in nome dell'ossessione per il politically correct

Ora anche la lotta ai cambiamenti climatici diventa "femminista"

Il cambiamento climatico è una questione "femminista". Parola del Primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon, leader del Partito Nazionale. Sturgeon ha parlato di come le donne debbano essere al centro della lotta ai cambiamenti climatici dalla vetrina internazionale del Cop26, il vertice sul clima delle Nazioni Uniteche si tiene a Glasgow. Con lei, sul palco, la Speaker della Camera Usa Nancy Pelosi. Anche quest'ultima, come riportato dall'agenzia LaPresse, ha chiesto di mettere le donne e le ragazze al centro degli sforzi per combattere il cambiamento climatico, dicendo che sono colpite in modo sproporzionato dagli impatti del riscaldamento globale.

Sul clima spunta il femminismo

Ma che cosa c'entra il femminismo con i cambiamenti climatici? Il premier scozzese ha sottolineato che le donne sono "più vulnerabili", in quanto costituiscono la "grande maggioranza dei poveri del mondo", spesso "dipendono dall'agricoltura su piccola scala per il loro sostentamento" e rappresentano "l'80% delle persone sfollate" a causa di disastri legati al clima. Parlando a un panel incentrato sul clima e il genere, Sturgeon ha affermato: "Non c'è dubbio che dobbiamo garantire che il cambiamento climatico sia una questione femminista. Dobbiamo assicurarci che le esperienze di donne e ragazze in tutto il mondo, così spesso colpite in modo sproporzionato dai cambiamenti climatici, siano comprese mentre elaboriamo le soluzioni". La Sturgeon ha poi aggiunto: "Quando i leader mondiali si sono riuniti qui la scorsa settimana, dei circa 120 leader solo una piccola minoranza erano donne. Questo deve cambiare e deve cambiare rapidamente".

La patina del politically correct

Dal canto suo, Nancy Pelosi ha guidato un gruppo di oltre 20 politici statunitensi che si sono recati alla conferenza di Glasgow. Rivolgendosi al pubblico, ha affermato che questa è stata la più grande delegazione del Congresso ad aver mai partecipato a una conferenza sul cambiamento climatico, come riporta il Daily Mail. Naturalmente, si tira in ballo il "femminismo" per dare una patina cool e politicamente corretta a una conferenza sul clima che rischia di concludersi con molte chiacchere, tante belle parole, molti annunci e pochissimi fatti. Ieri il presidente della Cop26, il britannico Alok Sharma, ha spiegato che c'è una "montagna da scalare" per trovare un accordo adeguato ad affrontare la minaccia del surriscaldamento globale, mentre è cominciata a circolare una prima bozza di accordo che stabilisce come i Paesi ridurranno le emissioni per evitare aumenti di temperatura, sollecitando migliori piani climatici per il 2030 da presentare entro la fine del 2022 in modo da limitare il surriscaldamento a 1,5 C. Della serie: la montagna ha partorito il topolino.

La verità sui cambiamenti climatici

La verità è che i cambiamenti climatici non riguardano (solo) il "genere", con buona pace dei progressisti identitari e delle parole della premier scozzese, ma i Paesi più poveri. Secondo un recente studio, otto fra i dieci Paesi più colpiti al mondo proviene dal continente africano. Si tratta di Paesi come il Sudan, il Mali, il Burkina Faso, la Mauritania.

Paesi con popolazioni giovanissime e in rapida crescita, se si pensa che in Sudan il 43% della popolazione è fra i 0 e i 14 anni e in maggioranza è di sesso maschile, nonostante l'elevato tasso di mortalità infantile e una speranza di vita che raggiunge appena i 63 anni per i maschi. Per questo tirare in ballo il "femminismo" rischia di essere solo un slogan ideologico e poco altro.

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