Ora Erdogan provoca Israele: "Un'ambasciata turca a Gerusalemme Est"

Il presidente turco replica a quello americano e suggerisce l'apertura di un'ambasciata di Ankara nella parte orientale della Città Santa

Erdogan al mausoleo di Ataturk per la Festa della Repubblica
Erdogan al mausoleo di Ataturk per la Festa della Repubblica

Gerusalemme sembra proprio destinata a non conoscere pace. La Città santa delle tre grandi religioni si ritrova ancora una volta al centro delle contese internazionali. Questa volta è il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ad annunciare che la Turchia aprirà una propria ambasciata a Gerusalemme est. ""Se Dio vuole, è vicino il giorno in cui ufficialmente, con il suo permeeso, apriremo la nostra ambasciata", ha annunciato minaccioso Erdogan.

Durante un comizio a Karamam, nel sud ovest dell'Anatolia, il presidente turco ha annunciato che il vertice per la Cooperazione dei Paesi islamici ha già riconosciuto Gerusalemme come capitale della Palestina ma anche che "tuttavia non abbiamo potuto aprire la nostra ambasciata perchè Gerusalemme è occupata dalle forze israeliane."

Si tratta evidentemente di una risposta e una sfida al presidente americano Donald Trump, che appena pochi giorni fa aveva annunciato ​lo spostamento dell'ambasciata Usa in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme ovest. Si tratta di due mosse speculari che, abbandonando decenni di prudenza diplomatica, mirano a riconoscere la Città Santa come capitale rispettivamente di Israele e di Palestina.

Netanyahu cerca alleati per spostare le ambasciate a Gerusalemme ovest

Nelle stesse ore però anche Israele sta muovendo i primi passi per rafforzare il fronte dei Paesi pronti a trasferire la propria ambasciata da Tel Aviv: il premier Benjamin Netanyahu, subito dopo l'annuncio di Trump si era detto fiducioso che altri Paesi avrebbero seguito l'esempio Usa e immediatamente ha messo al lavoro la diplomazia.

Secondo L'Huffington Post, il premier israeliano conterebbe soprattutto su Austria e Ungheria, due fra i pochi Stati europei che sarebbero disposti a incrinare il

fronte della fermezza Ue, decisamente contrario ad alterare lo status quo in Medio Oriente anche per quello che riguarda le rappresentanze diplomatiche. Altri Paesi "papabili" sarebbero poi Repubblica Ceca, Grecia e Cipro.

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